sei libero, e lavorando nascono sem-
pre nuove sfaccettature che variano in
base a quello che senti e quello che vivi
in quel momento. In questo disco ho
comunque avuto il piacere di collabora-
re con Giovanni Alibrandi al violino in
“L’osservatore”, “Come Aria” e “Messi-
na Guerra e amore”, e Matteo Frisen-
na alla tromba in “Hey my (all’improv-
viso)”.
Hai lavorato per parecchi anni con
il tuo gruppo, gli Entourage, con cui
avete ottenuto diverse soddisfazio-
ni. Come è nato il desiderio di fare un
album da solo?
Direi che più che un mio desiderio di
fare un disco solista sono stati tanti
Quando fai un lavoro di questo tipo e
non hai mai ascoltato e suonato prima
con una band i brani, il risultato finale
è davvero incerto. Ma questa condizio-
ne è una cosa che mi stimola molto e
mi mette in gioco con più strumenti,
da più punti di vista e quindi mi piace
e credo che continuerò a farlo! Resta
sempre il fatto che non condividere il
lavoro con un produttore ti mette ogni
giorno davanti a delle scelte importan-
ti e le sensazioni, le emozioni, quello
che senti è l’unica strada da seguire,
quindi ogni momento di lavorazione ti
dà delle emozioni che solcano un per-
corso che poi sarà il disco finale. Tutto
è variabile, non sei legato a una band,
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sona istituzione o cosa voglia impor-
ti, liberi da qualsiasi preconcetto ed è
anche stato nel tempo la creazione di
un’alternativa sociale. Se tutto ciò com-
porta un modo di vivere di apparire di
vestire all’interno della società diver-
so, va bene, è ok, ma quello che conta
poi in fondo è altro, e questo modo di
rappresentarsi potrebbe essere solo un
primo passo! Comunque la mia essenza
deve concentrarsi nel contenuto e nella
qualità di ciò che creo non nel genere
musicale. È vero che i musicisti rock
che piacciono a me sanno essere i più
taglienti, crudi, poetici e capaci di sbat-
terti in faccia la verità come in pochi
altri generi accade, però è vero che la
musica deve essere anche un momen-
to di assoluta goduria per l’animo, per
le orecchie e per la mente, quindi può
essere anche diversa dal rock, la sinfo-
avvenimenti e circostanze per cui non è
stato più possibile lavorare tutti insie-
me giornalmente, per vari impegni no-
stri personali. Inoltre crescendo aveva-
mo idee diverse soprattutto sulla parte
manageriale di Entourage, sulla pro-
mozione e sul progetto che da quel pun-
to di vista non è mai stato ben chiaro.
L’unica mia vera necessità personale è
stata quella di continuare a coltivare
questa mia passione e, perché no, que-
sta mia virtù: suonare e scrivere can-
zoni, produrre musica. Poi se costretto
a farlo da solo va bene lo stesso, non
è stato il mio narcisismo ma più una
necessità interiore, spirituale, intellet-
tuale, sociale a cui non riesco a fare a
meno.
Parlando di una delle tracce del tuo
nuovo album, “Hey My (All’Improv-
viso)”, hai dichiarato che “Fare rock
‘n’roll è solo una questione di spirito
e filosofia di vita”, mentre la cresta,
il chiodo e gli anfibi sono solo sovra-
strutture. Ma qual è la tua filosofia,
cosa muove la tua essenza rock?
Sinceramente credo che sia una cosa
che sta ancora maturando dentro di
me, non ha delle coordinate precise
oggi. La mia onestà intellettuale, un
percorso e l’arte come forma espressi-
va delle mie idee, come ricerca di un
proprio linguaggio, sono alla base di
questa filosofia e della mia essenza di
uomo e di vita. Il Rock ‘n’ Roll è riuscire
a essere liberi da qualsiasi costrizione
che la società, o chiunque altra per-
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