TRAKS INTERVIEW TRAKS INTERVIEW #2 | Page 14

TIZIANO BIANCHI arrangiamenti limpidi Si chiama “Now and Then” il primo disco “in prima persona” del trombettista reggiano, tra indie, jazz, classica e collaborazioni eccellenti mazioni negli ultimi 15 anni, cercando la formazione che potesse avvicinarsi di più al sound che avevo in mente. Il jazz è il genere musicale che ho studiato e approfondito maggiormente negli ultimi anni, insieme al rock, all’elettronica Puoi raccontare come sei arrivato a questo tuo debutto da solista? Ho sempre scritto musica, ma ci e’ voluto parecchio tempo per arrivare a trovare un suono che potesse essere personale. Ho suonato con diverse for- 14 e alla musica classica che ho sempre suonato. La scelta della formazione del quartetto, con violoncello, pianoforte e batteria e’ stata decisiva per portare a compimento i brani presenti in ‘Now and then’. Come hai selezionato i musicisti che ti hanno accompagnato e che sonorità avevi in mente per l’album? Una volta scelti gli strumenti, ho pensato subito i musicisti con cui volevo registrare il disco. Il timbro di ogni strumento era fondamentale per caratterizzare il lavoro, e i musicisti che ho scelto sono tra i miei preferiti dei tanti con cui ho suonato negli anni. Ognuno di loro ha una forte personalità sul proprio strumento. Ho conosciuto il pianista Claudio Vignali in occasione delle finali del ‘Premio Internazionale Massimo Urbani 2013’ e da allora abbiamo suonato molto insieme. Claudio è stato fondamentale nella fase di arrangiamento dei brani e mi aiutato a trovare il sound del gruppo. Enrico Ferri è un violoncellista classico con cui ho suonato in varie occasioni. Ha un bellissimo suono di violoncello, e sono stato molto felice che abbia accettato di prendere parte al progetto. Andres Marquez, il batterista, e’ stato mio collega di studi al Berklee College of Music di Boston. Mi serviva un batterista molto espres- sivo e versatile, capace di passare da un brano all’altro dando coerenza a tutto il lavoro. Andres è stato fantastico in questo. Il disco suona omogeneo benché si salti spesso da un genere all’altro senza grandi problemi. E’ stato necessario un lungo lavoro di “cesello” per rifinire il tutto oppure avete lavorato in modo spontaneo? Una volta defiiniti gli strumenti del quartetto, avevo molto chiaro in mente il sound che volevo ottenere. Credo che l’accostamento degli strumenti del quartetto (atipico per un quartetto jazz, specialmente per l’uso del violoncello) sia quello che ha dato coesione e uniformità al disco, pur essendo presenti brani di generi anche piuttosto distanti (classica, jazz, elettronica). Cercavo un suono minimalista, con arrangiamenti limpidi che facessero emergere le caratteristiche dei musicisti e il timbro del loro strumento, melodie che potessero rimanere in testa. In quest’ottica, il lavoro di arrangiamento è stato molto puntiglioso, di lima. Nel lavoro di pre-produzione ho registrato tutti i brani tentando alcune soluzioni differenti e anche questo lavoro è stato molto importante. I musicisti coinvolti nelle registrazioni avevano sentito i brani registrati in pre-produzione. Quando poi ci siamo trovati tutti per la registrazione definitiva, il lavo- 15