TIZIANO BIANCHI
arrangiamenti limpidi
Si chiama “Now and Then” il primo disco “in prima persona” del trombettista reggiano, tra indie, jazz, classica e collaborazioni eccellenti
mazioni negli ultimi 15 anni, cercando
la formazione che potesse avvicinarsi di
più al sound che avevo in mente. Il jazz
è il genere musicale che ho studiato e
approfondito maggiormente negli ultimi anni, insieme al rock, all’elettronica
Puoi raccontare come sei arrivato a
questo tuo debutto da solista?
Ho sempre scritto musica, ma ci e’ voluto parecchio tempo per arrivare a
trovare un suono che potesse essere
personale. Ho suonato con diverse for-
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e alla musica classica che ho sempre
suonato. La scelta della formazione del
quartetto, con violoncello, pianoforte e
batteria e’ stata decisiva per portare a
compimento i brani presenti in ‘Now
and then’.
Come hai selezionato i musicisti che ti
hanno accompagnato e che sonorità
avevi in mente per l’album?
Una volta scelti gli strumenti, ho pensato subito i musicisti con cui volevo
registrare il disco. Il timbro di ogni
strumento era fondamentale per caratterizzare il lavoro, e i musicisti che
ho scelto sono tra i miei preferiti dei
tanti con cui ho suonato negli
anni. Ognuno di loro
ha una forte personalità sul proprio strumento. Ho conosciuto il
pianista Claudio Vignali
in occasione delle finali
del ‘Premio Internazionale Massimo Urbani 2013’ e
da allora abbiamo suonato
molto insieme. Claudio è stato fondamentale nella fase di arrangiamento dei brani e mi aiutato a trovare
il sound del gruppo. Enrico Ferri è un
violoncellista classico con cui ho suonato in varie occasioni. Ha un bellissimo
suono di violoncello, e sono stato molto
felice che abbia accettato di prendere
parte al progetto. Andres Marquez, il
batterista, e’ stato mio collega di studi
al Berklee College of Music di Boston.
Mi serviva un batterista molto espres-
sivo e versatile, capace di passare da
un brano all’altro dando coerenza a tutto il lavoro. Andres è stato fantastico in
questo.
Il disco suona omogeneo benché si salti spesso da un genere all’altro senza
grandi problemi. E’ stato necessario
un lungo lavoro di “cesello” per rifinire il tutto oppure avete lavorato in
modo spontaneo?
Una volta defiiniti gli strumenti del
quartetto, avevo molto chiaro in mente il sound che volevo ottenere. Credo
che l’accostamento degli strumenti del
quartetto (atipico per un quartetto jazz, specialmente per l’uso
del violoncello) sia quello che ha
dato coesione e uniformità al disco, pur essendo presenti brani di generi anche piuttosto
distanti (classica, jazz, elettronica). Cercavo un suono
minimalista, con arrangiamenti limpidi che facessero
emergere le caratteristiche dei
musicisti e il timbro del loro strumento, melodie che potessero rimanere in
testa. In quest’ottica, il lavoro di arrangiamento è stato molto puntiglioso, di
lima. Nel lavoro di pre-produzione ho
registrato tutti i brani tentando alcune
soluzioni differenti e anche questo lavoro è stato molto importante. I musicisti
coinvolti nelle registrazioni avevano
sentito i brani registrati in pre-produzione. Quando poi ci siamo trovati tutti
per la registrazione definitiva, il lavo-
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