TRAKS INTERVIEW TRAKS INTERVIEW 005 | Page 20

IMUSTBE LEONARDO un musicista primitivo © Foto di Pierluigi Muscolino “MOP” è il nuovo album del cantautore italiano trapiantato a Berlino: tra suoni grezzi di chitarre elettriche e intime atmosfere folk che non ricordo. Non ho toccato la chi- tarra per quasi dieci anni. Ho ripreso a suonare a Berlino, dove vivo dalla fine del 2011. Che differenze ci sono state nella lavo- razione di “MOP” rispetto al preceden- te ep? E già che ci siamo: puoi spiegare il titolo dell’album? Quando registrai “Wonderful” (il mio ep del 2016) avevo solo voglia di tornare a suonare dal vivo e sapevo che un disco mi avrebbe aiutato a trovare delle date Puoi raccontare la tua storia fin qui? Suono la chitarra da quando avevo 14 o 15 anni. Dopo il liceo, ho studiato filo- sofia. Ho fatto il web editor, il lavapiat- ti, il commesso, l’assicuratore, il corret- tore di bozze, il lettore di manoscritti, il selezionatore di concorrenti per pro- grammi televisivi, l’informatore turisti- co, il bigliettaio nei musei, l’organizza- tore di eventi, l’operatore di call center, il meccanico di biciclette da corsa (non in quest’ordine) e forse qualcos’altro 20 zioni che si sono rivelate occasioni per servirsi di diversi strumenti espressivi. La musica che mi piace è diretta, quasi brutale: non imbroglia nessuno, né chi la realizza né chi la ascolta. In questo momento sono un musicista primitivo che vive e suona da solo, e che passa il suo tempo a scrivere canzoni in una stanza con delle grandi finestre. Vole- vo che il disco rac- contasse questo. E così ho deciso di registrar- lo a casa. Se avessi lavorato in uno studio avrei do- vuto programmare ogni cosa e avrei vissuto con il timore di non finire in tempo. Non avrei mai potuto buttare giù delle canzoni in maniera così im- mediata. Non ci sarebbe stata nemme- no tanta pioggia nei testi (perché non l’avrei manco vista, la pioggia). Sareb- be venuto fuori un disco “in cattività”, molto meno impressionista. E soprat- tutto, sarebbe stato un disco bugiardo rispetto a quello che sono, che faccio e che posso permettermi adesso. Magari per il prossimo avrò voglia di provare le canzoni per un mese e di registrarle nei locali. Quelle canzoni rappresenta- vano quello che volevo suonare sul pal- co e fui molto soddisfatto del risultato. “MOP”, invece, è nato assecondando la propensione a creare delle canzoni che fossero delle istantanee musicali dei miei stati d’animo. Non è stato preme- ditato. Semplicemente, mi sono accorto che stavo andando in quella direzione. La cosa giusta da dire è che ho la- sciato che questo disco accadesse, in alcuni momenti l’ho anche aspettato, e non ho nascosto nulla. Infatti è pie- no di imperfezioni, di avventatezza, tanto nelle musiche quanto nei testi. Alla fine del 2016 avevo registrato un disco che mi piaceva – e mi pia- ce ancora – e che non ho mai finito. A marzo di quest’anno, però, mi era venuta voglia di fare un disco del tutto diverso e avevo già la lista dei brani che l’avrebbero composto. Così, a metà aprile mi sono chiuso in casa per registrarlo. Ma mentre lavoravo su quelle canzoni ne sono venute fuori di altre. Alla fine, sei delle undici tracce di “MOP” sono state scritte tra metà apri- le e l’inizio di giugno. Il disco, quindi, è nato “making other plans”. E ho deciso di intitolarlo “MOP”. (Naturalmente il riferimento è al verso di John Lennon, “Life is what happens to you while you are busy making other plans”) Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato? Più che di difficoltà parlerei di limita- 21