cetto di emozione da restituire a chi mi
fa l’onore di venirmi ad ascoltare. Lo
confesso però: ho un grosso pudore per
la musica, credo di averlo manifestato
nelle risposte precedenti. Anzi io direi
di essere anche esagerato a volte, quasi
mi definirei un bigotto. Suonare per un
pubblico è una cosa importantissima.
La musica è del pubblico. Ed è il pub-
blico che merita per primo rispetto e
considerazione. Quindi se devo fare un
concerto, pretendo che debbano esserci
tutti i tasselli al proprio posto. E non
sto parlando di tappeti rossi, denari a
profusione, vecchi Rum del ’58 invec-
chiati da trovare in camerino, tantome-
no sto parlando di avere a disposizione
teatri di lusso. Io parlo della serietà
e del significato semplice di “fare un
concerto”. Che sia in un pub o che sia
in una piccola sala, che sia in radio o
in riva attorno al falò. Rispettare la
musica live significa rispettare il pub-
blico. Quindi si deve costruire il giu-
sto ambiente, si deve scrivere il giusto
spettacolo per quella situazione, si deve
ben comunicare, si deve pretendere
attenzione e restituire emozione. Non
penso di sopportare più questa orgia di
musicisti - spesso anche con tantissimi
contenuti da dare - suonare dove capi-
ta, davanti a chiunque, magari mentre
stanno mangiando la pizza o mentre
bevono birra passando per strada. Ci
sono concerti che per quanto mi riguar-
da non si debbano neanche chiamare
chiamato a criticare e a veicolare cultu-
ra. Ciò che resta è l’affarismo, il lavoro
di palazzinari della comunicazione, re-
sta la musica che deve andare di moda
e che si deve lanciare per i clic dei so-
cial. In mezzo a questa orgia di circensi
c’è ovviamente del bello, ma la GRAN-
DE MUSICA la stiamo praticamente
ignorando. E se la musica è cultura al-
lora noi come popolo stiamo evitando di
incontrare cultura. E un popolo senza
cultura è un popolo che non ha futuro.
Quindi alla fine di questa fiera ci chie-
diamo tutti quanti: che valore hanno
oggi simili riconoscimenti? A parte farti
il figo con chi oltre i Talent non sa an-
dare, per me come uomo e come artista,
che significato può avere? In contrad-
dizione con quanto detto fino a ora ve-
diamo un eterno Claudio Lolli vincere
il riconoscimento più alto della canzone
d’autore. Ma siamo sicuri che sia una
contraddizione? E non per la musica
del maestro che ho avuto anche l’onore
di incontrare e di intervistare… ma per
le apparenze da vendere al pubblico pa-
gante. Chissà se ci siamo capiti…
Parliamo un po’ di live. Ho letto che
non ami particolarmente esibirti in
pubblico, nonostante i riconoscimen-
ti che ricevi costantemente per i tuoi
brani. Sei timido o è solo un po’ di an-
sia da prestazione?
Posso invece parlarti dell’Umbria?
Ok rispondo. Nessuna paura e tantis-
sime ansie che costruiscono il mio con-
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le - si prostituisce a suonare ovunque e
in qualunque circostanza. Ogni musica
ha il suo habitat e va rispettato. E ri-
spettare le cose consta sacrificio e limi-
tazione. E quando lavori bene per far
collimare questi piccoli tasselli - che poi
credimi sono quattro cavolate in croce -
anche lo spettacolo acquista un valore
emotivo che non ha paragoni. Chiudo
dicendo che presenteremo il disco in
un piccolo teatro di Pescara il prossimo
novembre: per farti capire, io sto già
lavorando per scegliere chi far suonare
con me e come arrangiare lo spettacolo
proprio per quel piccolo teatro che mi
ospiterà. Sì, forse sono esagerato…ma
forse però…
Chiara Orsetti
così. Sfiorano l’umiliazione. Una volta
ho visto un chitarrista proporre brani
suoi (meraviglioso tra l’altro) in un pub
di ragazzini durante una festa di 18…
suonava accanto alla porta del bagno e
il via vai di incontinenti lo costringeva
a spostarsi per non ostruire il loro pas-
saggio. Esagero? Bah…io credo che sia
all’ordine del giorno. Ciò significa an-
che che pretendere di avere quanti più
dettagli al proprio posto significa oggi
suonare quattro volte all’anno. Sono
conscio di sforzarmi a essere meno
schizzinoso e penso che lo farò… ma un
poco soltanto. Ma sinceramente trovo
umiliante portare la musica dove non
deve stare. E questo non è colpa del
pubblico. Questa è piena responsabilità
dell’ar-
tista che
spesso,
sia per
soldi che
per scri-
vere sui
propri
social che
fa tanti
concerti
- in gene-
re sopra
le cinque
date lo
si defini-
sce tour
mondia-
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