HAZAN
quando si fa sul serio
“Kaiserpanorama” è il disco d’esordio della band distribuita fra le province
lombarde ma compatta nel sound e nelle scelte
zoni corali. Kaiserpanorama invece era
uno speciale tipo di stereoscopio circolare destinato alla visione collettiva di
diapositive, usato in Germania a fine
‘800. Lo spettatore assisteva a immagini e informazioni, direttamente guardando dentro il macchinario, in una
visione limitata delle cose. Un po’ come
oggi facciamo tutti noi, con gli stessi
social, le stesse notizie, le stesse mode.
Siamo passati in pratica dallo stereoscopio allo stereotipo.
L’ep è un biglietto da visita importante del vostro sound. Le canzoni provengono da tempi diversi oppure le
avete realizzate in un tempo breve?
In parte sono canzoni che erano mature già da tempo, altre invece sono state
composte appositamente prima delle
registrazioni. Fondamentale poi è stato
l’ingresso di Ale alla batteria per trovare un groove riconoscibile su tutti i brani, e la collaborazione con Davide Lasala come produttore per caratterizzare
il sound.
Quali sono i vostri capisaldi musicali?
Abbiamo un orecchio apertissimo
Di voi sappiamo principalmente che
siete lombardi e che suonate forte...
Ci raccontate qualcosa di più?
Grazie per il “suonate forte”... La storia degli Hazan è recente, ma arriva da
lontano. La band ha attraversato negli
anni diverse fasi e cambi di nome, fino
a quando è arrivato il momento in cui
il nostro sound si è definito e abbiamo
deciso di fare le cose sul serio. A quel
punto avevamo tutto pronto ma sentivamo che ci mancava solidità ritmica.
Per questo abbiamo deciso di cambiare
batterista e con l’arrivo di Ale abbiamo
completato il quadro. Dopo aver messo
a fuoco le canzoni siamo andati all’EDAC Studio e insieme a Davide Lasala (produttore) abbiamo fatto nascere
“Kaiserpanorama”.
Nome della band e titolo dell’ep meritano qualche spiegazione: ci potete
raccontare qualcosa in merito?
Ci piace essere multiculturali e ci piacciono parecchio i nomi strani. Hazan è
un termine ebraico per indicare un cantore/musicista che usa la propria arte
per guidare una congregazione in can-
28
sull’ascolto e nessun pregiudizio, ma
tendenzialmente tutti e quattro ci siamo formati con la musica inglese del
passato e quella della West Coast ame ricana anni ‘90.
Perché avete scelto “Sulla pelle” come
apertura del disco e come singolo?
Sulla Pelle è il brano più diretto e “in
faccia” dell’ep, sia come testo che come
musica. Ci piace presentarci con qualcosa di breve ma intenso.
A proposito di “Sulla pelle”: avete realizzato da soli il video. Com’è nato il
concept e come sono andate le riprese?
Ci piaceva l’idea di fare qualcosa di
grezzo, consono alla canzone, da qui
l’idea di suonare dentro un capannone
industriale. In secondo luogo volevamo rendere partecipi tutti di come si
svolgono le prove di una “garage band”,
quindi Go pro scotchata sulla testa e
ciak azione ovviamente il divertimento
non è mancato, chi ci conosce lo sa!
“Qui dove sto” ha un testo un po’ schizofrenico (“mi piace qui/anche se è
uno schifo di città”). Qual è il rapporto con la vostra zona di provenienza e
come nasce la canzone?
Diciamo che il cantante è schizofrenico in generale... ovviamente scherziamo (ma non troppo). Il rapporto con le
nostre zone è fortemente altalenante.
29