seneparla
Taglia e cuci
di seRena la Rosa
L
’amore È più
forte dei tabLoid
cosa succede
se l’ameRica si feRma
Non si può visitare la statua della Libertà né salvare
le balene. La mancata approvazione del bilancio
statale ha bloccato molti servizi. Ecco tutti gli effetti,
di Ornella Ferarrini
secondo il Washington Post
Finché dura la serrata degli uffici
pubblici, negli Usa non si potrà più:
1) Certificare i cibi bio (la
sezione incaricata del ministero
dell’Agricoltura è chiusa).
2) Present are reclami allo sportello
per le libertà civili.
3) Adottare cavalli selvaggi e asini.
4) Organizzare mostre, eventi e
viaggi di veterani e forze armate.
5) Ottenere licenze per l’apertura di
negozi di alcol, tabacco e armi.
6) Girare riprese nello spazio a
scopo di divulgazione (uno dei
compiti della Nasa).
7) Visitare parchi nazionali, musei, e
la statua della Libertà.
8) Visitare i cimiteri di guerra.
9) Vigilare su rating e credito (da
parte delle autorità federali).
10) Presentare reclami telefonici
relativi a carni e pollame.
11) Sorvegliare cambiamenti
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climatici, oceani e uragani.
12) Soccorrere le città allagate in
Colorado.
13) Presentare una richiesta di
indulto ai tribunali.
14) Sottoporre gli autisti dei mezzi
pubblici a test antidroga.
15) Esaminare le denunce di
discriminazioni sul lavoro.
16) Pagare 75 dei 90 domestici
addetti alla Casa Bianca e alla
famiglia Obama (ne restano 15).
17) Finanziare i lavori della
Commissione per le Belle arti.
18) Far funzionare la banca dati dei
lavoratori immigrati (che si occupa
di permessi di soggiorno, ecc.).
19) Ottenere licenze per
imbarcazioni, turistiche e non.
20) Monitorare le miniere, tranne
gravi emergenze .
21) Monitorare la salvaguardia delle
balene.
Ripensamenti Michael Douglas e Catherine
Zeta Jones hanno deciso di riprovarci.
SPLASh NEwS/COrBiS, GEtty iMAGES
serrata Era
successo solo
nel 1995, sotto la
presidenza di Bill
Clinton: il 1° ottobre
gli Stati Uniti hanno
chiuso tutti gli
uffici pubblici.
«Figurati, sarà la solita bufala
estiva», avevo pensato
ad agosto, dopo avere sentito la
notizia della rottura tra Michael
Douglas e Catherine Zeta Jones.
Con la precarietà lacerante
degli amori normali, senza di mezzo
scandali o avvocati, avevano
semplicemente cominciato a non
frequentarsi più. Dopo 13 anni di
matrimonio, due figli, decine
di vacanze perfettamente
fotogeniche, centinaia di red carpet
mano nella mano. Dopo il cancro alla
gola di lui, il disturbo bipolare di lei.
Senza prendere decisioni definitive,
e ciononostante finendo sui giornali,
alla voce “coppie che si sono
sfasciate nel 2013”, come divorziandi
celebri qualunque. Invece, ricevendo
l’Emmy per Behind the candelabra,
l’altra settimana, Douglas da Los
Angeles ha ringraziato Catherine.
E facendosi fotografare a New York,
pochi giorni dopo, Zeta Jones
non ha fatto nulla per nascondere
la fede ancora al dito. Non c’è
bisogno di postare messaggi
trasversali su Facebook, quando ogni
sospiro finisce in copertina.
L’amore vince sempre, sull’odio e sui
tabloid. Speriamo.