Test gioia Dicembre 2013 | Page 42

seneparla Taglia e cuci di seRena la Rosa L ’amore È più forte dei tabLoid cosa succede se l’ameRica si feRma Non si può visitare la statua della Libertà né salvare le balene. La mancata approvazione del bilancio statale ha bloccato molti servizi. Ecco tutti gli effetti, di Ornella Ferarrini secondo il Washington Post Finché dura la serrata degli uffici pubblici, negli Usa non si potrà più: 1) Certificare i cibi bio (la sezione incaricata del ministero dell’Agricoltura è chiusa). 2) Present are reclami allo sportello per le libertà civili. 3) Adottare cavalli selvaggi e asini. 4) Organizzare mostre, eventi e viaggi di veterani e forze armate. 5) Ottenere licenze per l’apertura di negozi di alcol, tabacco e armi. 6) Girare riprese nello spazio a scopo di divulgazione (uno dei compiti della Nasa). 7) Visitare parchi nazionali, musei, e la statua della Libertà. 8) Visitare i cimiteri di guerra. 9) Vigilare su rating e credito (da parte delle autorità federali). 10) Presentare reclami telefonici relativi a carni e pollame. 11) Sorvegliare cambiamenti 42 climatici, oceani e uragani. 12) Soccorrere le città allagate in Colorado. 13) Presentare una richiesta di indulto ai tribunali. 14) Sottoporre gli autisti dei mezzi pubblici a test antidroga. 15) Esaminare le denunce di discriminazioni sul lavoro. 16) Pagare 75 dei 90 domestici addetti alla Casa Bianca e alla famiglia Obama (ne restano 15). 17) Finanziare i lavori della Commissione per le Belle arti. 18) Far funzionare la banca dati dei lavoratori immigrati (che si occupa di permessi di soggiorno, ecc.). 19) Ottenere licenze per imbarcazioni, turistiche e non. 20) Monitorare le miniere, tranne gravi emergenze . 21) Monitorare la salvaguardia delle balene. Ripensamenti Michael Douglas e Catherine Zeta Jones hanno deciso di riprovarci. SPLASh NEwS/COrBiS, GEtty iMAGES serrata Era successo solo nel 1995, sotto la presidenza di Bill Clinton: il 1° ottobre gli Stati Uniti hanno chiuso tutti gli uffici pubblici. «Figurati, sarà la solita bufala estiva», avevo pensato ad agosto, dopo avere sentito la notizia della rottura tra Michael Douglas e Catherine Zeta Jones. Con la precarietà lacerante degli amori normali, senza di mezzo scandali o avvocati, avevano semplicemente cominciato a non frequentarsi più. Dopo 13 anni di matrimonio, due figli, decine di vacanze perfettamente fotogeniche, centinaia di red carpet mano nella mano. Dopo il cancro alla gola di lui, il disturbo bipolare di lei. Senza prendere decisioni definitive, e ciononostante finendo sui giornali, alla voce “coppie che si sono sfasciate nel 2013”, come divorziandi celebri qualunque. Invece, ricevendo l’Emmy per Behind the candelabra, l’altra settimana, Douglas da Los Angeles ha ringraziato Catherine. E facendosi fotografare a New York, pochi giorni dopo, Zeta Jones non ha fatto nulla per nascondere la fede ancora al dito. Non c’è bisogno di postare messaggi trasversali su Facebook, quando ogni sospiro finisce in copertina. L’amore vince sempre, sull’odio e sui tabloid. Speriamo.