Tesi di Laurea di Davide Roberto in Etnomusicologia (Dams - Musica) Tesi di Laurea in Etnomusicologia di D. Roberto | Page 7
1.1Cenni storici
L’origine di questo strumento sembra perdersi nella notte dei
tempi. Il tamburo a cornice è costituito da una fascia di legno a forma di
cilindro di altezza limitata, alla quale è fissata una membrana di pelle
animale
precedentemente
bagnata
in
acqua.
La
pelle
al
seccarsi
acquisisce la tensione necessaria a produrre il suono desiderato. Per la
realizzazione delle cornici rotonde, si utilizza una fascia di legno resa
duttile per mezzo di vapore. Le pelli usate sono le più diverse: capra,
capretto, pecora, cavallo, cammello, pesce, lucertola, cane, gatto, vacca,
asino. Di recente si utilizzano pelli sintetiche per un uso più moderno
dei tamburi a cornice. Pelli poco conciate o molto grosse producono
tipicamente un suono più sordo e profondo, si potrebbe dire meno
raffinato, mentre pelli molto elaborate e sottili tendono a produrre un
suono più brillante e pulito. Le dimensioni sono variabili e partono dai
15-16 centimetri di diametro circa, fino ad arrivare al tamburo di Gudea,
di 110 centimetri.
Il tamburo a cornice accompagna ritualità legate a contesti religiosi e
pagani. Accompagna anche rituali legati agli stati della danza, della
trance e della possessione. La sua forma tonda è spesso associata al
simbolismo del sole, della luna e della Dea Madre 4. La maggior parte dei
tamburi a cornice è mono pelle, ma ne esistono con una pelle su ciascun
lato (risultano quindi chiusi) come ad esempio l'adufe portoghese e il
pandeiro galiziano. Vi è il “tamburo dello sciamano” suonato con una
bacchetta di legno e diffuso in Africa, Asia ed America. In alcuni casi si
aggiungono sonagli o altri artefatti metallici per arricchire il suono: si
4
In un passo delle Baccanti di Euripide si racconta la storia del tamburello, inventato dai Coribanti e
consegnato a Rea ( e dunque creato da divinità maschili e utilizzato da divinità femminili ). I Coribanti lo
inventarono per consegnarlo alla Dea madre, ed esso serviva a “scandire i ritmati evoè delle baccanti”.
“O dimora nascosta dei Cureti,/ antri divini di Creta,/ grotta natale di Zeus,/ lì i Coribanti dagli elmi
tricuspidati,/ inventarono per me/ questo cerchio di pelle ben tesa:/ e nell’acceso baccanale ardente
fusero le sue cadenze/ al melodioso respiro degli auloi di Frigia;/lo consegnarono a Rea per scandire/i
ritmati evoè delle Baccanti./Dalla dea madre passò ai deliranti Satiri,/entro con essi nei tripudi, nelle
feste/ che ogni anno rallegrano Dionysos.” Da questo brano si evince, come lo strumento fosse utilizzato
nelle cerimonie dionisiache; risulta dal brano come il tamburello fosse strumento femminile destinato ai
riti della mania telestica. La mania corrisponde ad uno stato di trance, follia o delirio; nel caso della mania
telestica, si è nel caso di trance possessione per divino straniarsi nel culto di Dionisio. – DOMENICO
STAITI, La mania telestica nelle fonti figurative apule, in Tarantismo, transe, possessione, musica a cura
di Gino L. Di Mitri, BESA EDITRICE, Nardò, 1999, pag. 16.
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