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RINCORRERSI
Federico Mariani
In principio Roger, poi ancora Roger, poi
Rafa, fortissimamente Rafa. Riecco
Roger e infine inaspettatamente Rafa.
Quattro Slam su quattro, altrettanti
Masters 1000 su sette più un paio di 500.
Questo il ricco bottino della coppia d’assi
che sta facendo brandelli della storia del
Gioco.
Nell’anno che per tutti era candidato
come quello del cambiamento, con
l’introduzione delle Finals milanesi per i
giovanotti del circuito in cerca di una
vetrina di prestigio e, soprattutto, coi due
dinosauri chiamati a cedere il passo una
volta per tutte. Nulla di tutto ciò.
I due fenomeni continuano a rincorrersi,
rispondersi e specialmente migliorarsi.
Per la prima volta nell’Era Open due
giocatori si sono equamente spartiti il
tesoretto dei quattro Major, con
imbarazzante puntualità. Nel banchetto
griffato 2017 la portata principale s’è
consumata all’antipasto: un’edizione di
sconcertante bellezza degli Australian
Open ha oscurato tutto il resto del
calendario, già di per sé grigio. Dopo uno
dei più splendenti capitoli dell’intera saga
cosiddetta (sic) Fedal nella finale di
Melbourne, si sono consumati paragrafi
minori negli altri tre Slam, quasi sempre
scialbi, sempre scontati.
Nadal ha visto il tris di Federer
(Australian Open+Indian Wells+Miami)
con un poker rosso: giro di Dècime tra
Monte-Carlo, Barcellona e Parigi – vinto
con disarmante sicurezza – e Madrid. Era
il 2017, ma sembrava di essere tornati a
un decennio fa, agli albori del duopolio
più prepotente mai visto. La stagione è
proseguita poi con Wimbledon che è
sembrato un bis del Roland Garros, ma
con padroni invertiti. Il trionfo di Roger,
per quanto mancasse addirittura da
cinque anni, non è sostanzialmente mai
stato in dubbio durante le due settimane