Storia del Sacro Monte di Varallo | Page 478

Non ancora soddisfatto, o forse già molto dubbioso riguardo all’ opera del Gandino, il giorno successivo( 4 Maggio 1602) il Bascapè invia ancora una lettera in cui ordina“ che non si cominci opera di scultura o pittura se prima non si ha la firma di detto Monsignore di quello s’ ha da fare, in scrittura, et se prima non si fa il dissegno second’ essa scrittura, nel quale si possano vedere gli habiti et altro più distintamente”.
Il Gandino, dipinte le statue, dev’ essersi messo all’ opera, ma forse frastornato da tanti ordini, imposizioni, controlli vescovili, deve aver perso la calma e la serenità per compiere un’ opera ispirata e geniale. Una cosa sola è certa. La sua pittura non trovò l’ approvazione. Il suo stile di accento venezianeggiante doveva soprattutto apparire assai diverso dalla tradizione, dal gusto e dalla sensibilità locale.
Passa poco tempo ed il 28 Luglio 1602, monsignor Bascapè in margine ad una lettera del varallese Giuseppe Morondi, risponde che se le pitture del Gandino“ fatte nel cielo della capella nuova del N. S. che porta la croce non sono buone si levino”. Così deve essere avvenuto. In tal modo termina la breve permanenza, o meglio, l’ avventura di Antonio Gandino al Sacro Monte. Infatti già il 28 Agosto 1602 si stipulerà il nuovo contratto per gli affreschi con il Morazzone.
Datazione degli affreschi
La vasta impresa pittorica del Morazzone nella Salita al Calvario è la terza e l’ ultima dell’ artista che i pellegrini incontrano lungo il loro itinerario tra le cappelle della santa montagna varallese. Viene infatti dopo quelle dell’ Ecce Homo e della Condanna. Ma dal punto di vista cronologico è la prima. Le altre due saranno iniziate rispettivamente nel 1610( Ecce Homo) e nel 1614( Condanna).
Quando viene chiamato per la prima volta a Varallo Pier Francesco Mazucchelli ha ventinove anni, essendo nato a Morazzone nel Varesotto il 3 Luglio 1573.
La sua attività è stata ancora limitata, ma la sua fama si è già diffusa dopo la formazione e la permanenza romana protrattasi fin verso l’ inizio del 1598 con l’ esecuzione degli affreschi nella chiesa di S. Silvestro in Capite. Rientrato nella terra natale è subito impegnato per la decorazione della cappella del Rosario in S. Vittore a Varese( 1598-99), di cultura strettamente manieristica e d’ impronta romana. Seguono gli affreschi della cappella di S. Giorgio nel santuario di Rho( 1602-3), la cui precedenza rispetto a quelli di Varallo è indubbia, e quelli della
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