celeste, non ha esempi che vi si possano accostare nella storia della pittura in
periodi precedenti.
Solo con affreschi del Correggio in San Giovanni Evangelista a Parma (152023), quindi perfettamente coevi a quelli di Gaudenzio sul Calvario, seguiti poco
dopo (1526-30) da quelli del Duomo parmense, sempre del Correggio, si incontrano soluzioni analoghe. Verrà quindi in campo mitologico l’Olimpo nella
Sala dei Giganti, su Cartoni di Giulio Romano nel Palazzo Te a Mantova, che
avrà vastissimo seguito in età manieristica e barocca.
Gli angeli dolenti che roteano e fanno capolino nelle pose più varie ed imprevedibili fra le nubi, preannunzio del coro fittissimo della cupola di Saronno,
costituiscono anch’essi un unicum tanto che già nell’Ottocento vennero minutamente scritti in un apposito capitolo nel volume del Bordiga e del Pianazzi.
Poi, al di sotto dei brevi ed idilliaci inserti paesistici di monti, di rocce, di
verdeggianti prati e alberi e di alcune presenze architettoniche, è nella folla che
l’esempio creativo di Gaudenzio si scioglie con la più varie travolgente immaginazione.
È uno squarcio, o meglio, una sintesi superba e grandiosa dell’umanità conosciuta dal maestro nei primi decenni del secolo XVI.
La folla di persone e di animali
Oltre ai gesti, ai sentimenti, alle passioni (i leonardeschi moti dell’animo), che
agitano uomini, donne, bambini, soldati e cavalieri, molti sono gli aspetti degli
usi e dei costumi di quel tempo nell’Italia settentrionale che emergono da quella
marea umana.
Già si è accennato alle armi da fuoco di recente invenzione, e da quelle da taglio, esibite in primo piano, alle armature sontuose e varie (elmi, corazze, scudi
delle più diverse fogge), che costituiscono veri documenti, rari e preziosi, per gli
esperti di armi antiche.
Ma sono i costumi, le stoffe operate e di pregio, non solo le umili mezze-lane
valsesiane, i turbanti, gli ornamenti delle donne, i copricapo, i mantelli e le calzature dei pellegrini, gli abiti dei bimbi, i variopinti e complessi indumenti dei
soldati, che diventano testimonianze preziose, una vera miriade di dati per gli
studiosi di storia della moda e dei costumi, nonché del vestiario degli armigeri.
Valga tra tutte quella dell’imponente soldato a gambe divaricate nel primo tratto della parete destra, dall’abito che non si può chiamare “uniforme” in senso
etimologico, ma al contrario veramente “divisa”, perché composta in quattro
parti di vari colori, c