dice “alius se offert”. Erano forse già i conti Salomone di Serravalle, che tra l’altro
avevano acquistato il loro feudo nel 1561 proprio dai Ferrero Fieschi, i possibili
mecenati? Per loro sarebbe stato anche un gesto politico per ingraziarsi i confinanti valsesiani, con i quali era sempre assai difficile la convivenza.
Lavorò da solo il Tabacchetti od ebbe dei collaboratori?
È verosimile che lo abbia aiutato suo fratello Nicola, pure statuario. La Brizio,
quarant’anni or sono, suppose che nella Salita al Calvario abbia prestato la sua
opera Giovanni d’Enrico, e gli attribuì la grande, solenne figura “del giovane a
cavallo che si drizza così animoso e spavaldo contro la parete affrescata presso il
guerriero reggibandiera”. Il gruppo equestre però rivela l’inconfondibile marchio del Tabacchetti nel fare sprezzante e soprattutto nell’abbigliamento contraddistinto in modo inequivocabile dal vistoso turbante posto marcatamente
di sghimbescio, che subito richiama quello di Zaccaria nella cappella della Visitazione, dovuta al Tabacchetti, e quello di un personaggio tra i più in evidenza
nella cappella del Martirio di S. Eusebio a Crea, pure del Tabacchetti.
Un’ultima curiosità che non si può tralasciare, riguarda il gruppo equestre
del centurione romano; già un po’ sulla sinistra “che sta dietro Gesù Cristo e vicino a Simone il Cireneo”, come scrive il Butler. Egli, data la quasi perfetta imitazione di quello di Gaudenzio nella Crocifissione, lo ritenne, in modo del tutto
privo di fondamento, trasferito dal Tabacchetti “dall’antico Viaggio al Calvario
fatto da Gaudenzio Ferrari”.
Ma, a parte il fatto che è anche questa una di quelle figure appositamente
ripetute identiche nell’accompagnare Gesù nelle sue peregrinazioni durante la
passione, non avrebbe potuto esser contenuta nell’esiguo spazio della primitiva
Salita al Calvario, non avrebbe potuto cronologicamente appartenere a quel
momento di attività del Ferrari, ed in ogni caso con estrema difficoltà avrebbe
potuto venir trasferita senza gravi danni dalla vecchia cappella a quella nuova.
Ad una clausola del contratto però il Tabacchetti non si attenne: quella di
reimpiegare le quattro statue di Adamo ed Eva, tolte in due momenti successivi,
perché non confacenti, dalla cappella del Paradiso Terrestre. Certo doveva essere
un’impresa assai difficile riutilizzare in un complesso pieno di movimento e di
patos come la cappella della Salita al Calvario, quattro figure erette e statiche.
È ben noto che due di queste statue, assai probabilmente quelle del Prestinari,
rivestite e camuffate in foggia di soldati vennero sistemate sedici o diciassette
anni dopo da Giovanni d’Enrico nella parte più arretrata della Cattura, presso
il muro a destra di chi guarda. Delle prime due invece non si conosce la sorte.
Saranno andate distrutte, o saranno state talmente ben riadattate da Giovanni
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