cenni successivi con Giovanni d’Enrico, si articola in gruppi, in episodi minori, giustapposti, o addirittura contrapposti a quello fondamentale. Fra i tanti
personaggi caratteristici per i gesti esagerati e spavaldi, per le mimiche facciali
d’una popolaresca, impressionante verità, che rasenta spesso la caricatura, si incontrano figure che si ritroveranno sul vicino Calvario gaudenziano, riprese con
diligente attenzione nei costumi, nei caratteri somatici, nelle deformità che le
contraddistinguono, mutate solo negli atteggiamenti. Così il soldato dal vistoso
naso adunco, col grande scudo lungo, qui fissato nell’atto di sferrare un calcio
contro Gesù, ritorna nella Crocifissione di Gaudenzio chino a giocare ai dadi
con altri compagnoni la veste del Signore. Così l’impressionante sgherro dal
mostruoso gozzo e dai mille altri difetti, di cui ha trattato recentemente Mario
Remogna, che sta per vibrare una bastonata contro il Redentore caduto a terra,
si rifà a quello sul Calvario che sporge su di una lunga canna al Cristo in croce la
spugna imbevuta di aceto. Così pure il gruppo di destra della Vergine con le pie
donne e Giovanni, deriva direttamente per la fattura ed i costumi da quello del
Golgota.
Si crea in tal modo una continuità, un legame serrato, una successione quasi
cinematografica tra un mistero e l’altro, come, con acuto senso psicologico, volevano le direttive vescovili dell’attentissimo monsignor Bascapè.
Altre figure più indipendenti rivelano poi il nervosismo fremente, talora quasi spiritato ed ossessivo che il Tabacchetti imprime ai suoi attori, tanto da non
stupirci come possa essersi diffusa a Varallo la diceria, riferita dal Fassola e dal
Torrotti, che lo statuario sarebbe impazzito mentre modellava le figure della
Visitazione.
Spicca in primo piano il gruppo della madre che addita il Cristo al suo bambino, un chiaro invito, un’eloquente indicazione per gli stessi visitatori ad appuntare il loro sguardo sul protagonista prima di disperderlo sui vari gruppi, o su
particolari curiosi e di facile attrazione. Così soprattutto attira lo sguardo sulla
destra il complicato affastellarsi su di un cammello di una donna dagli occhi
sgranati, d’un bimbetto che gioca con un cane irrequieto e di un vivace moretto:
un insieme esotico, tutto percorso da un incontrollabile fremito vitale.
Messo in evidenza già nel Seicento è il gruppo successivo con una donna che
“sta a cavallo con un Giudeo avanti ed un figlio nel braccio sinistro, attaccandosi
con il destro al Giudeo”,come scrive il Fassola. Significativo quanto riferisce a
proposito di questo gruppo poco dopo il Torrotti: “Certi Cavalieri Veneziani
offrirono pagarla a peso d’oro, ma è crimedi lesa maestà alla Nuova Gierusalemme
il solo pensar questo”. E subito di seguito il buon canonico Torrotti aggiunge:
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