eternare le glorie del nostro Santuario la Religione e l’Arte».
Più tardi il Galloni nell’ultima parte, piuttosto affrettata, della sua classica
opera, ignora totalmente la beneficenza del conte Carelli e le due statue.
La tradizionale valutazione negativa tramandata attraverso le generazioni, tarda a dissiparsi ed è ancora supinamente accolta dall’opinione pubblica varallese,
talora anche con espressioni taglienti. Eppure i due monumenti tanto incriminati non sono certo meno decorosi di quelli di Vittorio Emanuele e del generale
Antonini, né cedono di fronte a tanti altri eretti nel secolo scorso in centinaia di
piazze delle nostre città.
La nobile figura del Caimi eseguita nel ‘67 dall’impianto grandioso, modellata
a larghe masse, si impone per il gesto energico e solenne a dominare lo spazio,
eloquente interpretazione dell’animo e del carattere del fondatore di tanta impresa.
Quella di Gaudenzio (del ‘66) volutamente si contrappone alla precedente per
l’atteggiamento più raccolto ed austero, quasi a voler cogliere il grande maestro
in una pausa pensosa della sua intensa opera creativa. Ambedue si collocano a
buon diritto in posizione eminente nel capitolo dell’iconografia del Caimi e del
Ferrari.
Del primo, come noto, sono purtroppo scomparse quasi tutte le raffigurazioni
cinquecentesche: distrutta all’inizio del Settecento quella che Gaudenzio aveva
dipinto nella cappella di S. Francesco presso il Santo Sepolcro insieme ai membri della famiglia Scarognini; distrutta verso il 1930 quella affrescata nell’ospizio degli Oblati (di cui fortunatamente rimane almeno la riproduzione fotografica), che rappresentava il Caimi nell’atto di indicare il Sacro Monte. Al secolo
XVII risale, prima fra tutte per importanza, e per particolare senso di profonda
ed umile umanità la statua in terracotta dipinta modellata da Giovanni D’Enrico nel 1638 e collocata nella nicchia accanto al Santo Sepolcro. Seguono le tele
del Museo del Sacro Monte (un tempo nella sacrestia dello scurolo in basilica)
e di S. Maria d elle Grazie (sull’arco della prima cappella), tutte raffiguranti il
fondatore con il modellino del Sacro Monte in mano. Il Caimi è pure effigiato
nella grande pala settecentesca dell’altare di S. Pietro d’Alcantara in basilica.
Risulta poi che una sua immagine si trovava nel convento del Giardino a Milano; un’altra ancora si vede nel convento dei Francescani a Saluzzo; così pure
un affresco che lo raffigura con la Madonna e S. Bernardo è ricordato nel muro
di una casa di Parone. A queste opere di pittura e scultura bisogna aggiungere
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