Foto di Carlo Casella |
Confesso di non aver mai avuto una passione smisurata per le guide, anche se ne riconosco l’ enorme valenza in termini di comunicazione. Trovo che il cibo rifugga gli standard, soprattutto se parliamo di pietanze tipiche come la pizza( ma vale lo stesso, per esempio, per il pane). Come si fanno a stabilire gli standard di piatti così universalmente amati e diffusi? Senza rispondere alle provocazioni di Chicago e del New Jersey che si sono autoproclamati capitali mondiali della pizza, è pur |
vero che quest’ ultima è una base liberamente interpretata e universalmente riprodotta. Su un aspetto, per altro, gli americani hanno ragione: non sono infatti gli italiani i maggiori consumatori, ma sono quelli stelle e strisce a detenere il record con 13 chili pro-capite annui, contro“ solo” 7,8 chili consumati nel Bel Paese( i dati sono tratti da un’ indagine Coldiretti-Ixe’ diffusa in occasione della Giornata internazionale della pizza che si è celebrata il 17 gennaio scorso). Tornando alla Michelin, sono forse vent’ anni che sento parlare di una stella a Simone Padoan e, sebbene io reputi che ne meriterebbe anche di più, non mi dispero se non gliel’ hanno ancora data e so che non lo fa neppure lui perché, come mi ha confermato nell’ intervista che mi ha rilasciato per il numero 1 di Mondo Pizza, esite un problema maggiore: quello della perdita di identità dei pizzaioli. Molti giovani, anche di talento, inseguono il successo effimero dei social e si dimenticano di porre le |
basi per il loro futuro e per quello della pizza. Invece di inseguire lo standard dettato dai social, dalle guide- con i loro cliché e i loro limiti- e da chiunque altro, suggerisco di concentrarsi sulla formazione personale e su quella dei propri collaboratori. Troppe volte, infatti, ascolto professionisti che vantano un’ esperienza pluriennale, ma incespicano su alcune domande sulle materie prime, sulle attrezzature e persino sulla tecnica. Per non parlare del fatto che molti, troppi artigiani la loro pizza proprio non la sanno raccontare. Non tutti, per carità, ma bisogna che sempre più professionisti si rendano conto che il proprio mestiere è cambiato: ora occorre essere dei pizzaioli a tutto tondo, a partire dalla conoscenza degli ingredienti, passando per quella delle varie tecniche di lavorazione, fino ad arrivare alla conoscenza delle leggi che regolano l’ impresa, comunicazione inclusa. Perché la tutela di un patrimonio passa sempre e solo da un unico fattore: la cultura. |