lui sollevò lo sguardo e gridò un avvertimento. Non feci in
tempo a voltarmi: qualcosa mi colpì alle spalle, facendomi
perdere i sensi.
Quando mi ripresi ero legato mani e piedi come Paul. Megan
incombeva sopra di me, illuminata in modo sinistro dalla
torcia elettrica caduta in un angolo; in mano stringeva una
mazza da baseball e mi fissava con uno sguardo divertito e
crudele insieme.
- Che diavolo pensi di fare! - esclamai, ignorando il dolore
alla testa. - Sei pazza? Cosa… Per tutta risposta lei si chinò su Paul, che cercò di divincolarsi
disperatamente, e lo baciò sulla bocca. A lungo. Appassionatamente. Sotto il mio sguardo stupefatto, il suo corpo prese
ad avvizzire. In breve non fu che un’altra mummia. Megan si
alzò e si leccò le labbra.
- Tutte ottime storie. Succulente. Era un ottimo scrittore. spiegò - Non come te. Dunque le mie intuizioni alcoliche erano corrette e Megan
era davvero un mostro che uccideva scrittori alle prime armi.
Ne conseguiva, purtroppo, che io vivevo solo perché ero un
cattivo narratore. Quest’ultima cosa mi urtò particolarmente: l’orgoglio ebbe la meglio sul terrore e la insultai volgarmente.
Megan fece un gesto con la mano - Oh, smettila! Mi nutro
di storie da quando i tuoi antenati hanno cominciato ad appoggiare le chiappe intorno a un fuoco! So riconoscere una
buona trama. Le tue… - Le nostre! - Dovevo rendermi conto se valevi qualcosa, no? Io mi limi-
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