Ma l’attacco c’era già stato, e diretto al cuore del nazismo!
Fabian comprese che, seppure fosse ancora vivo, adesso aveva i minuti contati. Appena i suoi carcerieri avessero appreso della morte di Hitler l’avrebbero interrogato e torturato
per avere i nomi dei cospiratori.
Doveva sfruttare il momento propizio. Si mosse sul sedile
facendo leva sul fondo schiena e, nonostante l’impedimento
delle corde, tese le mani e andò alla ricerca della maniglia.
La trovò proprio mentre l’auto svoltava verso il grande piazzale dei baraccamenti.
Fabian fece scattare le dita sul metallo. La portiera si aprì e
si lasciò cadere all’esterno.
- Sta scappando! - gridò Füller incollerito, osservando il capitano dell’Abwehr ruzzolare nella polvere. Frenò pronto a
inseguirlo.
- Portami alla baracca dell’esplosione. - ordinò l’orologiaio.
- Abbiamo poco tempo. - Ma, il prigioniero… - tentò di protestare l’agente della Gestapo.
- Dopo lo cercherai. Dubito che possa scappare con tutti questi soldati di guardia. Füller vide Fabian Von Spee alzarsi a fatica e correre dietro
un alloggiamento di legno.
- Parti. - Impartì secco l’orologiaio.
Fabian si accucciò dietro una baracca. Notò un’asse di legno
sporgente e prese a segare le corde con foga. Nel tentativo si
ferì i palmi e le dita ma, nonostante il sangue, continuò sino
a liberarsi.
Vide la Mercedes-Benz proseguire verso la baracca dove era-
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