Magus
Cap. 1 di 2
di Michele d’Orsi
I cavalli schiumano, esausti. Zoccoli che affondano nella sabbia,
incespicando quando la sterpaglia vampiro gli si avvolge attorno, si aggrappa alla carne con le minuscole spine uncinate che
contraddistinguono una delle scarse forme di vita vegetale di
quell’immensa distesa riarsa. Le bestie procedono a rilento, un
passo alla volta, cervello e muscoli arroventati dal sole cocente.
Tutte, tranne quella del magus. Neranube sembra levitare a svariati centimetri dal suolo e avanza muto, dio equino terribile e
stupendo; la chioma, come alabastro, indifferente alla tempesta
di vento caldo che ha preso a spirare da sud. Dieci anni di servizio e Jos non ricorda di averlo sentito nitrire, o emettere qualsiasi altro suono; persino quando il padrone lo lancia al galoppo,
è come se il rumore delle zampe sia attutito da pesanti garze.
Capirlo è impossibile, la parte inferiore dello stallone è perennemente ammantata dall’uron del maestro. Sono andati avanti
in mezzo al nulla per più di due giorni. Una diecina di soldati
di scorta sbranati da quel parassita sbucato fuori dalla sabbia,
prima che il vecchio lo cacciasse con la magia, non resta che un
terzo del convoglio a difendere l’incolumità del padrone. Anche
se il padrone in questione è in grado di difendersi praticamente
da ogni genere e numero di creature, conserva quell’accozzaglia
di rudi mercenari più per fini pratici che per vincere battaglie.
Le tre mucche pezzate sbandano per il calore, poi si fermano e
stramazzano al suolo, portandosi all’altro mondo la principale
fonte di cibo, latte fresco che avrebbe rigenerato il vigore e tenuto lontane le malattie e la pazzia del deserto. Hanno dovuto
abbandonare i feriti, non potendo fare spazio sul carretto già
stracarico di otri d’acqua, barili di carne secca, corde e teli atti
ad erigere l’ accampamento. Rinunciare alle vettovaglie avrebbe
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