Fictional for a Da
y
di Domenico de Pascale
L’antro del Ciclope è umido e oscuro, il fetore delle bestie
si mescola all’odore di sangue e carne cruda, rivoli d’acqua
gelida scorrono sulle pareti. Sto con i miei compagni in un
angolo buio, mentre il mostro entra nella grotta e sposta il
pesante masso per bloccare l’entrata. Mai, salpando da Troia,
avrei pensato di trovarmi in questa terra abitata da giganti e
gigantesca essa stessa, in cui le rocce si bagnano nel sale in
tramonti infuocati e gli uomini sono come montagne, come
lo spaventoso pastore che ci tiene prigionieri da giorni, con la
promessa di uccidermi per ultimo mentre ogni sera fracassa
tra le dita il cranio di due o tre dei miei. Ma l’otre col vino di
Marone è grande quanto basta per dagli l’oblio, questa sarà
la notte della fuga.
Il pusillanime che ho scelto per scudiero teme financo la
sua ombra, tapino. Ma il codice cavalleresco mi impone di
affrontare codesti giganti che con le loro braccia mi fanno
da lungi gesti di scherno: è onorevole e necessario estirpare
la loro immorale semenza, il bottino delle loro spoglie sarà
ricompensa sufficiente per le mie devozioni. Il mio baio
Ronzinante si farà valere anche oggi, gli pungolo i fianchi per
godere del suo galoppo e mentre lancia in resta mi avvicino
al primo di quei mostri, le grida di Sancho si mescolano al
frinire delle cicale nel calore dell’estate manchega.
Mamma mia! Correre, saltare ed evitare quei maledetti
funghi diventa sempre più difficile e frenetico. La mia mente
è alterata dai fiori che crescono tra le pareti, il loro profumo
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