potuto la mia chioma d’oro crespo, nulla hanno potuto i miei
canti sublimi. Inutilmente le mie ancelle ti hanno servito i
cibi più raffinati e i vini più preziosi. Hai rinunciato a vivere
come un dio, hai rigettato il dono degli eterni giorni che ti
porgevo, hai disprezzato l’immunità che ti davo dal gelo della
vecchiezza. Ma quale dono potevo farti e non ti ho fatto?
- Come potevo aprire e infiammare il tuo cuore di uomo?
- Non ti vedo più, figlio di Laerte! Non ti vedrò più!
- Sei sparito sotto Orione, che pure amò una dea.
- Ulisse, Ulisse caro!
- ... ecco, forse la sorte del grande Cacciatore mi indica il mio
errore. Sì, amore mio. Non l’immortalità dovevo promettere
per tenerti. Avrei dovuto, me misera che lo capisco solo ora,
farti un altro dono.
- Avrei dovuto regalarti la mia eternità, e morire con te. -
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