Jonathan Boerefijn non avrebbe mai potuto immaginare che il
giorno della scomparsa della piccola Elke avrebbe segnato l’inizio di una nuova vita non solo per lui e per sua moglie ma per
tutta l’umanità.
La piccola Elke, in una delle tante serate gelide, tipiche dell’inverno di Stór Björg, era uscita di casa per pattinare sul laghetto
ghiacciato poco distante dal villaggio. Jonathan la portava spesso lì, almeno da quando aveva compiuto i due anni, perché un
bambino al di sotto di quell’età non avrebbe resistito a temperature così rigide. Le aveva da poco regalato i pattini nuovi, tanto
desiderati dalla bambina, che presa dall’euforia si era precipitata
fuori a provarli, non facendo molta attenzione alla piccola crepa
formatasi proprio al centro del laghetto.
Elke era scivolata un paio di volte, prima di cadere proprio dentro
il lago ghiacciato. E la cosa non era di certo gradevole: il corpo
tende a immobilizzarsi, il sangue smette di circolare e la voce, oh,
la voce non c’è più ma è come se qualcuno facesse un incantesimo e rendesse improvvisamente muto il malcapitato cascato nel
lago. Era questo che Elke aveva provato, povera piccola, dicevano a Stór Björg; ma questo era colpa del padre, perché non era
per niente responsabile mandare una bambina di soli dieci anni
a pattinare da sola sul lago, solo per assistere la moglie nella preparazione di un grosso pesce, con tutti i fatti bisbigliati in giro su
chi si era perfino fratturato gli arti cadendo. Proprio una follia! E
Jonathan se lo sarebbe ripetuto tante volte, negli anni successivi.
Se in un primo momento aveva pensato che quel grosso pesce
LA LEGGENDA DI MOSPH DI FABRIZIO RIGANTE
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