le avrebbe offerto la propria saliva o addirittura la propria urina
pur di dissetarla; avrebbe staccato per lei un frammento di carne
dai morti, pur di provocare una nuova scintilla in quell’unica speranza sconosciuta.
- Cullami…! - supplicò la donna con la dolcezza che precede la
morte liberatrice.
La ragazza stupita da quell’inattesa e insperata vitalità residua
prese delicatamente la testa della sopravvissuta, la pose sulle
proprie gambe e accarezzando i suoi capelli disadorni cominciò a
cantare lievemente una dimenticata nenia che la madre le cantava durante le ormai lontane fanciullesche notti insonni.
Una goccia di tenerezza tutta per sé in quel mare di documentata
pazzia.
Un dolce canto velato d’angoscia si levò dal piccolo rifugio ricavato dietro il divano e lontano dalle ottimali angolazioni di ripresa
delle telecamere. Un ultimo momento privato e non condivisibile che avrebbe mandato in crisi i voraci occhi elettronici perennemente in cerca di eclatanti gesti di cannibalismo mediatico.
Camera 12… Camera 33… Camera 41…! Introvabili fuggitive dal
doloroso set…!
Per un attimo sembrava che il perimetro specchiato della casa
dovesse infrangersi a causa della mostruosa rabbia dell’oscuro
regista.
Il canto della nuova carne non bastava, c’era bisogno dell’immagine.
Il calderone audiovisivo delle emozioni, il Circo degli Orrori, era
stato privato dell’ultimo ingrediente: un’inestimabile vittoria che
non avrebbe evitato la morte lenta delle sopravvissute, ma che
avrebbe interrotto, almeno fino al momento del loro ultimo respiro, la costante caccia di un macabro clamore da immortalare.
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