una serie inferocita di piccoli ma risoluti tagli ne aveva causato
finalmente la morte per dissanguamento. Dopo giorni di digiuno
forzato, a giudicare dal grado di deperimento di quella carcassa
senza più vestiti e dignità.
Non molto lontano dal divano l’involucro scheletrico di quella
che un tempo poteva essere identificata come donna, dalla capigliatura bionda ancora intatta ma imbrattata di sangue forse a
causa di un colpo violento diretto alla testa, riproponeva in un
fotogramma eterno, nonostante l’avanzato stato di decomposizione, l’ultima posizione della poveretta prima di spirare.
Sul tavolo posto al centro della stanza, invece, il corpo quasi fresco e in posizione prona di un’altra ragazza: sapeva di morte recente. Le si potevano leggere ancora le tipiche e sensuali fattezze
della vita non assediate dalla crudele putrefazione, seppur già
adombrate dalla violacea determinazione della morte. Era stata
una bella ragazza e pareva quasi addormentata: scendendo con
lo sguardo lungo il corpo, nessun occhio avrebbe potuto evitare
il cruento impatto con l’ampia porzione mancante e insanguinata
situata sul gluteo destro. La carne, in quel punto, era stata disordinatamente asportata durante l’ultimo e selvaggio tentativo di
sopravvivenza da parte di uno degli ospiti. La fame ugolinica aveva superato la contemplazione artistica nei confronti della bellezza anatomica di quella ragazza da copertina per trasformarsi
nell’innaturale scatto felino di un disperato attore.
Aveva visto abbastanza. Ma prima di accasciarsi sul pavimento
in preda a un incontenibile tremore isterico riuscì a lanciare un
ultimo sguardo profondo su quella grande stanza adibita a macelleria da proscenio. Altri corpi giacevano immobili come su un
campo di battaglia abbandonato, in differenti condizioni e diver26