erano all’ordine del giorno e interessavano non solo il
moderno, nevrotico e insospettabile centro della città di
Tokyo dove tutto sembrava efficiente e attivo, scartando a
priori la vergognosa presenza di qualche latitante hikikomori,
ma anche l’indefinibile e illimitata periferia della capitale
giapponese, oramai divenuta ricettacolo ottimale di tutti
quei soggetti borderline che non volevano e non potevano
conservare un posto dignitoso nel centro degli affari cittadini.
Figli naturali dei pachinko7.
Nemmeno il violento bussare alla porta di casa e la concitata
richiesta di inutili spiegazioni da parte della madre,
riuscirono a risvegliare la curiosità di Kiro nei confronti del
mondo, mentre era tutto preso dal decimo e ultimo livello
- il più difficile e quello che richiedeva il massimo della
concentrazione - del videogame comprato qualche settimana
prima durante un’escursione notturna nel konbini8 dall’altro
lato della strada.
Non parlava faccia a faccia con un essere umano da…
Non se lo ricordava più. E non prendeva minimamente in
considerazione l’ipotesi terribile che i vari rumori e il parlare
esagitato provenienti da lì, dall’ingresso, fossero per lui.
L’ipotesi si materializzò catastroficamente quando capì che la
porta della sua stanza, eternamente chiusa a chiave, stava per
essere sfondata da una serie di spallate di chissà quale strano
animale umano venuto a disturbare il suo sonno sociale. In
quell’istante avrebbe vo ]