Hikikomori
di Michele Nigro
Hikikomori1: anno 2032
Le ultime ore dell’isolatra Kiro
e le temute gesta della “Polizia Risocializzante”
“Siamo quelli che escono di rado,
sospesi tra la vita del mondo virtuale
e la realtà esterna percorsa dall’eco remota del passato”
(tratto dal Primo Manifesto del Connettivismo)
Sebbene fossero trascorsi tre anni, sette mesi e diciannove
giorni da quando aveva chiuso dietro di sé la porta della
propria camera, dimenticandosi in essa, il giovane Kiro
non sentiva affatto la mancanza del caos di Tokyo e delle
innumerevoli e stressanti relazioni sociali che avevano
caratterizzato la sua poco rampante giovinezza, finita sul
nascere.
In realtà “avvertire la mancanza di qualcosa” sarebbe stato
già un segno di vitale, anche se dolorosa, consapevolezza; ma
1 Hikikomori: in giapponese significa “ritiro, stare in disparte, isolarsi” ed è un termine che indica un fenomeno
comportamentale, purtroppo crescente in Giappone, riguardante gli adolescenti e i giovani post-adolescenti, in cui si rigetta la
vita pubblica e si tende ad evitare qualsiasi coinvolgimento sociale. Si tende quindi ad isolarsi chiudendosi nelle proprie case e
interrompendo ogni genere di rapporto con gli altri, fuori dalle mura domestiche. L’hikikomori diventa schiavo della propria
vita sedentaria, gioca con videogiochi e guarda la televisione durante tutto il proprio tempo libero. Molti casi nascono per via di
disavventure scolastiche o lavorative. Secondo una stima del Ministero della Sanità giapponese il 20% degli adolescenti maschi
giapponesi sarebbero hikikomori. In realtà sembrerebbe che questo “stato patologico” affligga non soltanto i ragazzi, ma anche
le ragazze.
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