Quale coraggio dovevano possedere questi, comprese, ad
andare avanti consci della miseria e della precarietà della
loro esistenza!
Nella sua breve vita li aveva usati come marionette, senza mai
badare realmente alle loro preghiere, senza comprenderne
la nobiltà d’animo. Sì, perché di questo si trattava: fierezza e
determinazione per affrontare esistenze di sofferenza. Solo
ad uno di essi, al Divinatore del suo culto aveva concesso un
dono, misero se paragonato ai servigi che questo gli aveva
reso. A tutti gli altri non aveva dato nulla, se non imposizioni
brutali.
Che fosse quello il suo crimine? Per quello il Padre l’aveva
punito?
Quasi a premiare quella semplice illuminazione una parete
di roccia nera comparve dalle brume innanzi a lui.
Celata dal pulviscolo di ceneri che ora comprendeva essere
formato dai resti delle anime perse e divorate dai demoni, la
via della salvezza gli si svelò all’improvviso.
Con entusiasmo il Nuovo Dio si inerpicò su per la parete che
lo avrebbe condotto fuori dall’Abisso.
Gli artigli affondavano in profondità nella roccia
consentendogli la scalata nonostante la propria mole.
Non era la fatica a scalfire la determinazione dell’Orso
Possente, ma il semplice contatto con la pelle dell’Abisso.
Spuntoni di pietra comparivano dal nulla, intaccando la dura
scorza di Bboar e ferendolo in profondità. Rocce si abbattevano
dal cielo sulla parete del dirupo, minandone l’arrampicata e
rendendo ogni metro conquistato un traguardo arduo che
richiedeva la posta più elevata per poter essere raggiunto: la
sua stessa vita.
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