Il Libro
di P.A,M. Diraque
Pioveva. L’acqua scorreva sui doccioni dei palazzi, s’incanalava per le gronde, rumoreggiava per lo schiaffo sul selciato. Le mille luci della notte riflettevano nelle pozze che
l’asfalto tratteneva, e il riverbero di un lampione diveniva il
bagliore di un topazio, i fanalini di un’auto una manciata di
rubini, il lampeggio di un semaforo lo scintillìo di mille smeraldi. La strada era uno scrigno che conteneva un’infinità di
diamanti, lapislazzuli, diaspri, ametiste.
Correva sotto le gocce, e le suole calpestavano uno scrigno
prezioso. Entrò nella stazione e trovò confortante il tambureggiare del temporale sulle vetrate. Doveva affrettarsi. Arrivò al binario, tenendo la borsa nella destra e il libro stretto
sotto il braccio sinistro. Si allungò per afferrarsi al corrimano del treno con la mano del braccio che teneva il libro. Il
testo stava per cadergli, si scompose, scivolò sul marciapiede bagnato. Qualcosa lo sostenne. Era una presa forte, delicata, gentile. [