Rivista Cultura Oltre- Maggio 2018 - 5° numero rivista-cultura-oltre MAGGIO 2018 | Page 25
“La responsabilità” di Simone Weil
Un’autentica vita democratica non può che fondarsi sull’impegno e sulla responsabilità diretta di
ogni cittadino. Questo tema, così sentito oggi, è collocato dalla scrittrice francese nel più vasto
contesto della formazione umana e sociale della persona.
«L’iniziativa e la responsabilità, il senso di essere utile
e persino indispensabile, sono bisogni vitali
dell’anima umana. Una completa privazione di questo
si ha nell’esempio del disoccupato, anche quando è
sovvenzionato sí da consentirgli di mangiare, di
vestirsi, di pagare l’affitto. Egli non rappresenta nulla
nella vita economica e il certificato elettorale che
dimostra la sua parte nella vita politica non ha per lui alcun senso. Il manovale si trova in una
situazione appena migliore. La soddisfazione di questo bisogno esige che un uomo debba prendere
spesso decisioni su problemi, grandi o piccoli, i cui interessi siano estranei ai suoi propri, ma verso i
quali si senta impegnato. Bisogna anche che debba sforzarsi continuamente. E bisogna infine che
possa appropriarsi col pensiero dell’intera opera della collettività di cui fa parte, compresi i settori sui
quali non avrà mai da prender decisioni né pareri da dare. Per questo bisogna fargliela conoscere,
chiedergli il suo interessamento, rendergliene sensibile il valore, l’utilità e, se è il caso, la grandezza;
e fargli chiaramente comprendere la parte che egli ha. Ogni collettività, di qualsiasi specie essa sia,
che non soddisfi queste esigenze dei suoi membri è guasta e dev’essere trasformata. In ogni
personalità un po’ forte il bisogno d’iniziativa giunge fino al bisogno di comando. Un’intensa vita
locale o regionale, una grande quantità di opere educative e di movimenti giovanili devono offrire, a
chiunque ne sia capace, l’occasione di comandare durante un determinato periodo della sua vita.
S. Weil, La prima radice, tr. di F. Fortini, Comunità, Cremona, 1954, pagg. 21-22
Simone Weil nasce a Parigi nel 1909 e muore a Ashford nel 1943, ad appena 34 anni. La sua breve
vita, collocata fra i due conflitti mondiali del Novecento, presenta simbolicamente i tratti degli eventi
di cui fu testimone non passiva: la crisi del ‘29, l’avvento dei totalitarismi, la critica rivoluzionaria
dei sistemi sociali, i movimenti operai, la guerra di Spagna, la seconda guerra mondiale. Simone Weil
è stata una filosofa, innamorata del pensiero greco; una combattente per la giustizia e il rispetto della
dignità umana, appassionata all’idea di Dio, cui corrispondere senza limiti confessionali. Nacque in
seno a una colta famiglia ebrea non praticante. Fu una tra le prime donne ad avere accesso ai corsi
del celebre filosofo Alain.Terminati gli studi all’École Normale, insegna filosofia nelle scuole di
alcune città di provincia, interessandosi al contempo all’istruzione e ai problemi di operai, contadini
e disoccupati. Si unisce agli scioperanti, milita come sindacalista e inventa gesti provocatori, come la
divisione del suo salario con i disoccupati. In occasione di alcuni viaggi, si rende conto in anticipo
del dramma dell’ascesa del nazismo e della diffusa condizione di miseria delle popolazioni. La
questione della condizione operaia la preoccupa a tal punto, che decide di farne esperienza sulla
propria pelle, facendosi assumere come operaia presso alcune fabbriche metallurgiche di Parigi,
nonostante il suo fisico gracile, minato da continue emicranie. Nel 1936 si unisce in Spagna alle
brigate internazionali che combattevano nella guerra civile. Negli anni successivi, dopo una visita ad
Assisi e un soggiorno nell’abbazia benedettina di Solesmes, Simone si avvicinò al
cristianesimo. Sfollata con i suoi familiari a Marsiglia prima, e a New York poi, a causa della
persecuzione nazista, rientrò comunque ben presto per unirsi alla Resistenza. Anche se non le fu
consentito raggiungere il fronte, partecipò come redattrice al comitato nazionale «France Libre» del
generale De Gaulle a Londra. La condizione fisica di Simone si indebolì in tempo di guerra, quando,
anche per solidarietà con i suoi concittadini, ridusse l’alimentazione ai limiti consentiti dalla tessera
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