Rivista CULTURA OLTRE 11^ numero - NOVEMBRE 2018 rivista-cultura-oltre NOVEMBRE 2018 | Page 5
Camillo Sbarbaro
Camillo Sbarbaro (12 gennaio 1888 – 31 ottobre 1967) è
inconfondibile all’interno del panorama poetico del
Novecento. Ligure come Montale, e per questo suo
carissimo amico (tanto che Montale gli dedicò una sezione
della sua raccolta Ossi di seppia), Camillo Sbarbaro si
distingue per essere un”poeta delle piccole cose”. La sua
poesia è un inno alle esperienze quotidiane, alle piccole
gioie della vita, agli istanti fugaci delle giornate.
Questa “predilezione per le esistenze in sordina” , nelle
sue parole, traspare anche dal profondo amore per le forme
nascoste della natura che animava Sbarbaro, che oltre a
essere poeta è stato uno dei più grandi esperti di licheni al
mondo. Lavorò come impiegato e quindi come insegnante; negli ultimi anni si dedicò allo
studio dei licheni. Collaboratore di Riviera ligure e della Voce, esordì con i versi di Resine
(1911) e Pianissimo (1914), che per il lirismo autobiografico, risolto in un tono essenziale e
prosastico, rispecchiano il gusto del frammentismo; a tale gusto S. rimase fedele nelle
successive raccolte di prose liriche (Trucioli, 1920; Liquidazione, 1928; seconda serie di
Trucioli, 1948, in cui confluiscono, con varianti, anche testi dei due volumi precedenti; Fuochi
fatui, 1956; Scampoli, 1960; Gocce, 1963; Quisquilie, 1967) e di versi (nuova stesura di
Pianissimo, pubbl. nel 1954 insieme con la stesura del 1914; Rimanenze, 1955; Primizie, 1958).
Il suo senso smarrito, disamorato o piuttosto disancorato della vita, la dolente coscienza
dell’aridità che sembra preludere a Montale, trovano felice espressione soprattutto in paesaggi
e nature morte. Da ricordare anche la sua attività di traduttore (da Euripide, Flaubert, Stendhal,
ecc.). Postumi sono usciti, tra l’altro, L’opera in versi e in prosa (a cura di V. Scheiwiller e G.
Lagorio, 1985) e Trucioli dispersi (a cura di G. Costa, 1986). [da Enciclopedia Treccani]
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