Raceday News 2013 Numero 6 | 页面 3

Storie di grande passione. Piloti dei quali si parla meno, ma che sono importanti per il Challenge Raceday, per le gare che ne fanno parte e per i rally “Raceday Ronde Terra è il vero spirito delle corse” di Guido Rancati Si può fare. Non ricordo cosa risposi all'invito di Alessandra de Bianchi a seguire la prima edizione della Ronde Balcone delle Marche, ma il primo pensiero era che sì, si poteva fare. E non solo per dare una mano a una collega brava e un'amica vera: quello che di lì a poco sarebbe andato in scena su una prova speciale marchigiana era il primo appuntamento di una serie, Raceday Ronde Terra, che Alberto Pirelli s'era inventato per dare la possibilità di correre sulla terra a quelli che non avevano un budget importante a disposizione e a quelli che il budget magari l'avevano, ma avevano poco tempo da dedicare alle corse. Esserci mi era parso interessante. Così, in un venerdì di novembre, mi ero ritrovato a vagare nella nebbia di Cingoli alla ricerca del quartier generale della gara. A sfinire Oriano Agostini che, a meno di venti ore dalle verifiche aveva cose serie a cui pensare, con improbabili appelli. Maledicendo in egual misura il mio men che scarso senso dell'orientamento e la scelta dell'operatore telefonico di non fornire una copertura decente al borgo. Pensieri (e parole) destinati a dissolversi in fretta nel tepore della casetta trasformata in quartier generale della manifestazione. Poi l'incontro con il gran capo, il suo coinvolgente entusiasmo. La sua voglia di fare anche sporcandosi le mani – nel senso più letterale dell'espressione – a spostare transenne insieme a suo figlio Nicolò. Che avrebbe voluto essere dall'altra parte del tavolo, insieme a piloti e copiloti, per correre. “Ma con un'auto piccola, perché con una grande farei solo danni più grandi”. La fulminea risposta di Gigi Galli, uno che la terra l'ha amata davvero – all'obiezione che, per quanto tecnico, un tratto di una decina di chilometri pur ripetuto quattro volte è un po' poco per fare amicizia con le strade bianche: “Prima di imparare ad andare in bicicletta è bene fare esperienza col triciclo”. La superficiale, autoassolutoria osservazione del federalotto salito dal mare all'irto colle per dare un'occhiata davanti ai marchi di sponsor importanti: “Quando ci si chiama Pirelli è facile sfruttare la conoscenza con alti dirigenti per coinvolgere aziende di peso. Basta un giro di telefonate...”. La pronta replica di uno degli addetti ai lavori più stimati dell'ambiente: “E' vero, però lui quelle telefonate le ha fatte”. Poi la gara vinta da Paolo Ciuffi con una Toyota Corolla davanti a Tonino Marchesini con una Ford Focus e ad Alessandro Taddei con una Mitsubishi Lancer Evo IX. La festa finale con la distribuzione di coppe, trofei e quant'altro. Gli applausi e le pacche sulle spalle, anche i sani, inevitabili sfottò dei vincitori ai vinti. Il clima goliardico, quello che avvolgeva le corse su strada quando ancora il Bel Paese era terra di santi, poeti, navigatori e piloti. Era il duemila e otto. Da quel fine settimana di tardo autunno, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia (e purtroppo ne è passata tanta anche sopra i ponti, non solo nel martoriato Friuli di quest'ultimo inverno). Con la loro presenza, maturi gentleman-driver e giovani di belle speranze hanno consolidato il successo della serie. Cantastorie ormai in là con gli anni, ho registrato gioie e delusioni. Sono stato spettatore di gesta e di gesti, ho visto nascere e consolidarsi amicizie vere. Ho respirato aria non inquinata da sciocche ripicche, da sospetti sparsi nel vento. Ho scoperto che un altro modo di correre è possibile e mi sono trovato a chiedermi perché lo spirito di Raceday – e quello dell'International Rally Cup – non alberghi ovunque. Una risposta certa la sto ancora cercando. So però che non è una questione di posta in palio: le due serie distribuiscono premi importanti, più pesanti assai di titoli e titoletti ormai svalutati... 3