Raccontando l’amore - antologia AA.VV. (march 2014) | Page 70

una carezza calda e umida mi toccò il viso. Sbattei le palpebre confusa e mi ritrovai in ginocchio con il viso a pochi centimetri da due occhioni marroni che mi guardavano con estrema tristezza, ma accesi da una punta di speranza. Ecco il mio ostacolo: un cucciolo di cane, di circa un mese; un piccolino dal pelo rado e fulvo, debole e palesemente denutrito, con la coda tra le gambe in segno di paura e sottomissione. Chi poteva essere il bastardo che aveva abbandonato quel tenero cagnolino in pieno inverno? Chissà da quanto vagabondava. Lo guardai senza riuscire a parlare. Cosa potevo fare? Io non ero un tipo da animali domestici. Nove ore al giorno fuori di casa, sempre al lavoro e di corsa… non potevo prendermi cura di lui. Il cucciolo mugolò ancora e quel suono mi trafisse il cuore e l’anima. Era fradicio e solo, proprio come me. Non potevo lasciarlo lì. Sarebbe morto di fame o dal freddo o ucciso da una macchina. Quegli occhi spaventati e tristi continuavano a fissarmi e quando mi leccò nuovamente in un timido bacio, capii che il mio destino era segnato. Lo presi in braccio e lo nascosi sotto la giacca per dargli un minimo di protezione. Poi corsi più velocemente possibile alla macchina col mio piccolo e fragile fagottino accoccolato sul mio petto. Mi precipitai a casa e deposi il cucciolo sul divano (al diavolo 68