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cuore, tre o quattro di Giorni di festa. Conclusione: un anno terribile.
Il 25 ottobre 1909 scrive a Renato Simoni(‘ firma’ del Corriere della Sera, suo testimone di nozze):
Dopo il Focolare, un lavoro che ho scritto in questi mesi d’ estate, io chiuderò definitivamente bottega. Ho concorso al posto di notaio a Carate Brianza- sono riuscito primo e attendo di giorno in giorno la nomina ufficiale del ministero.
Bertolazzi rogita il suo primo atto il 27 febbraio 1910 e, salve alcune occasionali rappresentazioni e pubblicazioni, abbandona il teatro, affidandolo alla posterità. La quale posterità, come dicevamo, non lo ha del tutto dimenticato, ma nemmeno lo ha eletto tra gli evergreen. Né poteva essere diversamente: il teatro bertolazziano, con i limiti di cui abbiamo parlato, difetta di una piena universalità.
Siamo quindi in grado di dare una prima risposta al perché Bertolazzi non appaia quasi più nei cartelloni teatrali:
• il suo teatro in dialetto è vittima del declino dei dialetti: si salvano i grandissimi universali di Goldoni e De Filippo. Il resto del repertorio è di interesse residuale, locale, dilettantistico;
• il suo teatro borghese è lontano dalla sensibilità del pubblico moderno, e dunque poco sintonico con le politiche culturali dei teatri di oggi.
Ai quali teatri preoccupa anche il marchio di fabbrica, dal punto di vista tecnico, del teatro di Bertolazzi: la scena d’ insieme( Povera gent, I sciori, Gibigianna e, anche se meno impegnative, Lulù e Lena). Le scene d’ insieme presentano due problemi che, combinati, contribuiscono a darci una seconda risposta sulla scarsa presenza di Bertolazzi nei teatri di oggi:
• sono costose( scene complesse, gran numero di attori e comparse);
• offrono ristretti margini di manovra creativa al regista.
Consideriamo solo i casi estremi dei due capolavori El nost Milan( primi atti) e la Gibigianna( secondo atto), che esigono una scena molto articolata dove i personaggi( 54 nella Povera gent, 47 nella Gibigianna, 25 nei Sciori, più parecchie comparse) devono rappresentare in alternanza tra loro le scene e le controscene, e dove l’ effetto si ottiene con una ottimale gestione dei tempi.
Luogo, battuta( tono, azioni e tempi), luogo della controscena, azioni e tempi della controscena sono rigidamente prestabiliti nelle didascalie, delle cui potenzialità Bertolazzi è certamente tra i massimi interpreti. Sul perché, vale la pena dire due parole.
Oggi, siamo abituati ad attribuire al regista la“ tremenda responsabilità”( come la chiamò Strehler) dello stile dello spettacolo. Ma il regista, che è la principale innovazione del teatro novecentesco, appare( in Germania e Francia prima che in Italia) immediatamente dopo la generazione di Bertolazzi( D’ Annunzio, Pirandello, Bragaglia), che anche da questo punto di vista è fuori dal secolo breve.
Fino al tempo di Bertolazzi, la responsabilità dell’ allestimento era del capocomico, il cui obiettivo principale era ottenere il successo personale suo e della prima attrice, perché questo successo significava né più né meno la sopravvivenza della compagnia. I drammatughi che hanno subordinato le esigenze dei teatranti al valore letterario della loro opera hanno più facilmente subito delusioni e danni, nel teatro d’ attore. Eccezioni notevolissi-
DESTIN BALOSS! CARLO BERTOLAZZI A CENTO ANNI DALLA MORTE 19