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personaggi scenari diversi da quelli nativi. Questo
‘qualcosa’ potrebbe essere la combinazione della
sua condizione borghese con la tradizione cultu-
rale milanese, improntata a un’etica inclusiva, e la
cultura del tempo, ancora fortemente condiziona-
ta dal determinismo. Per cui Nina e Bianca sono
più vicine a Renzo e Lucia che non a Berardo Viola,
il protagonista di Fontamara, pur distando circa 70
anni dai personaggi manzoniani (la prima edizione
dei Promessi sposi è del 1827) e meno di 40 da
quelli di Silone (Fontamara è del 1933, ma scrit-
to nel 1930). Anche da questo punto di vista,
Bertolazzi è fuori dal secolo breve.
La transizione si chiude, appunto, con la Gibigian-
na e con la relativa prefazione di Gerolamo Rovetta,
che incita Bertolazzi a contribuire al repertorio del
teatro nazionale in lingua.
La prima commedia della terza e ultima stagione è
l’Amico di tutti, che Bertolazzi, ancora troppo noto
come autore dialettale, è costretto a tradurre pri-
ma in dialetto veneto (L’amigo de tuti del 1899) e
poi in milanese, pur di farlo rappresentare. Tradu-
zioni in dialetto ne fa ancora negli anni successivi
(es. L’egoista del 1901, La zitella / Ona tosa al palo
del 1907), sempre per lo stesso motivo e sempre
con minore successo, perché il dialetto è posticcio,
non si adatta bene alle turbe psico-familiari dei più
o meno piccoli borghesi in scena. E non funziona
meglio nemmeno la traduzione in italiano delle
sue opere dialettali (Strozzino! e Povera gent pub-
blicate nel 1905, Bianca cioè Gibigianna pubblica-
ta nel 1906, La rovina pubblicata nel 1907).
Traduzioni a parte, Bertolazzi produce circa una
commedia nuova all’anno fino al 1910, nonostan-
te si sia ammalato gravemente all’inizio del secolo.
Quale malattia, come dicevo, non si sa. Nella stam-
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pa dell’epoca, c’è una esibita reticenza al riguardo,
accanto alla viva preoccupazione per la sua vita.
Di fatto, si trasferisce a Pallanza (torna cittadino
milanese solo nel marzo del 1916), si cura, si spo-
sa nel 1905 a Elisa Grilli attrice della Compagnia
Sbodio-Carnaghi, la preferita del Bertolazzi della
prima e seconda stagione. Riemerge pelle e ossa
dalla fase acuta, cammina con il bastone e conti-
nua a scrivere.
Le commedie borghesi della terza stagione si al-
lontanano definitivamente dal mondo popolare,
sono ambientate in appartamenti grandi e case
di campagne, che esibiscono un certo benessere
e talvolta persino ricchezza, ma riprendono un
tema delle opere della seconda stagione, un tema
destinato a divenire dominante: la perdita bruta-
le dell’innocenza (tre le eccezioni: Amigo de tuti,
Lorenzo e il suo avvocato).
Cominciamo con qualche dato. L’innocenza, i per-
sonaggi bertolazziani la perdono sui vent’anni.
Sono generalmente donne, più raramente uomini
(Lulù, Ombre del cuore del 1908). A causare diret-
tamente la perdita brutale dell’innocenza posso-
no essere uno o entrambi i genitori ( Strozzin!,
Egoista, Il matrimonio della Lena, Ombre del cuore),
oppure l’amato (Gibigianna, Lulù). Non esistono
altri agenti della brutalità.
Ma vegnimo a dir el merito: la perdita dell’inno-
cenza consiste nel crollo dell’ideale della famiglia
fondata sull’amore (non sarà inutile ricordare che
in milanese l’amore si esprime con ‘vorè ben’ e che
Bertolazzi pensava in dialetto anche quando scri-
veva in italiano, come del resto ammise lo stesso
Manzoni).
L’ideale della famiglia fondata sull’amore si fonda
a sua volta e innanzitutto sul vuoto d’amore deter-
minato dalla prematura morte della madre (Nost
Milan, Strozzin!, Gibigianna, Egoista, Lorenzo e il
suo avvocato). Questo tratto, che ha un’evidente
origine autobiografica (Bertolazzi perse la madre
all’età di un anno), è un elemento costitutivo del-
la personalità dei protagonisti e dunque del plot,
perché i protagonisti aspirano in futuro a ottenere
l’amore non ricevuto e non dato in passato.
L’ideale della famiglia fondata sull’amore è poi an-
che il risultato opposto a quello desiderato dall’e-
ducazione ricevuta in famiglia che:
• rappresenta ai figli l’amore tra i genitori come
un patto sottoscritto e rispettato sempre feli-
cemente per la gestione ottimale di una micro-
società fondata sull’interesse economico e sulla
rispettabilità sociale;
• intende l’amore filiale come devozione eterna
(soprattutto nei confronti del padre, indiscusso
e indiscutibile capo di famiglia) che non pre-
vede l’autonomia dei figli nemmeno quando
raggiungono l’età adulta (da piccole, le figlie
vengono talvolta messe in collegio).
In tali famiglie, si possono concedere ai figli molte
o tutte le cose che hanno un prezzo accessibile,
ma non certo di andare dove li porterebbe il cuo-
re. Chiarissime alcune battute dell’Amigo de tuti:
Palameo [parlando del matrimonio della figlia]: Se
el pretendente el xe el sior Gustavo, alora xe un
altro per de maneghe.... anzi, dirò adiritura ch’el
toso nol me dispiase...
Alessandro: E a so fia?
Palameo: Mia fia? Cossa gh’entra mia fia?
Alessandro (dolce): Oh Dio! se trataria del maridarla ela...
Palameo: E dunque? chi son mi? contento mi, no basta?
D E S T I N
B A L O S S !
C A R L O
Questo modello induce i figli a idealizzare l’amato,
ad attribuirgli valo ri ‘puri’, e pertanto a vagheg-
giare un modello familiare diverso.
La combinazione del rifiuto del modello familia-
re di provenienza con l’ambizione a realizzare il
modello ‘puro’ con l’amato è il meccanismo che
scatena il dramma bertolazziano della perdita
brutale dell’innocenza. Infatti, entrambi i model-
li, sottoposti al test di verità, cioè alla resistenza
ai fatti della vita, rivelano i segreti inconfessabili,
fino a quel momento coperti dalla menzogna, di
almeno uno dei personaggi in gioco: traffici ille-
citi del padre (l’usura di Strozzin! e di Ombre del
cuore), infedeltà di un genitore (Strozzin! e Ombre
del cuore in cui il figlio è un bastardo e il padre
abbandona la famiglia per una cocotte), raggiro
di un fratello (Sciori, Egoista), relazioni scandalose
(aborto: Sciori), infedeltà dell’amato, certa (Lulù)
o sospettata (Gibigianna).
L’agnizione distrugge non solo le relazioni ma, e
questo è il punto bertolazziano, schianta la per-
sonalità stessa dei protagonisti, perché, rivelando
l’insussistenza dei loro valori, prospetta un avveni-
re paurosamente vuoto di un quale che sia signi-
ficato. Rimedi a tale disperazione sono il suicidio
(Maria di Strozzin!), l’omicidio dell’amata (Mario
di Lulù) o l’accettazione del destin baloss, cioè di
un destino di infelicità senza desideri, come direb-
be Peter Handke: è il caso Elena (Egoista), Lena
(Matrimonio della Lena), Maurizio (Ombre del
cuore) e di Riccardo (Sciori), che non è un ven-
tenne, ma è ingenuo come se lo fosse. Qualche
esemplificazione.
Maria (Strozzin!) si uccide non perché Enrico l’ab-
bandona, ma perché a) ha scoperto che suo padre
è uno strozzino; b) suo padre è lo strozzino che ha
B E R T O L A Z Z I
A
C E N T O
A N N I
D A L L A
M O R T E
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