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Pergolesi, storia di un genio frainteso
Elena Percivaldi *
Per molti il primo impatto con le musiche di Giovanni Battista
Pergolesi sarà stato in una delle sequenze iniziali del film Amadeus.
Essere ricordato per la colonna sonora di film e spot è un destino
sicuramente inclemente per un compositore che nel Settecento era
celebre non solo a Napoli (dove visse e operò) e a Roma (dove
lavorò poco lasciando però una traccia indelebile), ma anche in tutta
Europa. Divenne universalmente famoso una sera del 1752 a Parigi.
Andava in scena l'ampollosa Acis et Galatée di Jean-Baptiste Lully,
intervallata dal fresco intermezzo La serva padrona, che il Pergolesi
aveva scritto vent'anni prima: lasciando da parte i miti, raccontava
per una volta e scherzosamente la burla di una popolana ai danni di
un signore. La platea si spaccò. Ai critici presenti, in gran parte
afferenti il gruppo illuminista degli Enciclopedisti, non parve vero di
veder finalmente “spazzato via”, anche se sulla scena, il “vecchio
regime” estetico musicale. La lunga disputa – che sarebbe passata
alla storia come la Querelle des bouffons – avrebbe visto intellettuali
come Rousseau, Grimm e Diderot sostenere le ragioni del nuovo
stile “italiano” contro la “gerontocrazia” capeggiata dallo stesso Lully
e da Rameau, difesa invece a spada tratta da un'aristocrazia
conservatrice e sciovinista ormai però sull'orlo del baratro.
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storica medievista e critico musicale
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