[ I numeri dell’ automotive ]
strutturale ha già tolto almeno 2 milioni di vetture, a cui si dovrà aggiungere la quota di auto elettriche principalmente prodotte in Cina che, secondo alcune previsioni, raggiungerebbe il 40 % del totale entro il 2030. Consideriamo queste percentuali irrealistiche, ma tuttavia non c’ è dubbio si possa prevedere una quota del 25 / 30 % di auto elettriche che, come abbiamo visto, saranno principalmente di produzione asiatica. Almeno 3 milioni di auto non verranno più prodotte nel Vecchio Continente, questi, sommati al calo strutturale di mercato fanno arrivare a più di 5 milioni di surplus. A peggiorare il quadro continentale c’ è inoltre da sottolineare che è in atto una delocalizzazione ai confini europei principalmente in Nord Africa di produzioni a scarso valore aggiunto, per affrontare i segmenti low-budget sotto mira dei produttori asiatici. La capacità produttiva installata dovrà quindi ridimensionarsi di almeno un 30 %, processo che è già sostanzialmente in atto, se è vero che la saturazione degli impianti europei è scesa dal 75 % nel 2018 al 57 % nel 2025. È chiaro che se l’ interdizione dei motori endotermici dovesse realizzarsi( ma i recenti svolgimenti politici fortunatamente non vanno più in quella direzione), dell’ industria automobilistica europea rimarrà ben poco esponendo il Vecchio Continente a un rischio sistemico di dipendenza in un settore strategico come quello della mobilità. Per via della scontata commodizazione dell’ auto elettrica, sono sorte soprattutto in Cina e in Asia, decine di case auto fino a 10 anni fa inesistenti( Grafico 5); la conseguente guerra dei prezzi, innescata da un accentuato disordine del mercato, porterà entro pochi mesi ad una deflagrazione della bolla elettrica oramai fuori controllo, con conseguenze imprevedibili sul sistema creditizio che presumibilmente seguirà i processi già visti nel crac immobiliare. Nonostante ciò, la motorizzazione del miliardo e quattrocento milioni di persone in
Cina proseguirà senza sosta, creando una capacità installata impressionante alla quale verrà aggiunta la quota di esportazione soprattutto di auto elettriche dirette verso quei mercati che non porranno limiti alle proprie importazioni o- come nel caso dell’ Europa- imporranno l’ uso dell’ auto elettrica nei propri confini. La frammentazione dei mercati futuri imporrà comunque ad ogni casa auto la necessità di una de-standardizzazione della produzione, seguendo il fabbisogno geografico delle vetture con un incremento delle complessità ingegneristiche e produttive.
GRAFICO 5. IL PANORAMA AUTOMOBILISTICO CINESE, 2025
6.1 IMPIANTI CINESI IN EUROPA
Si fa un gran dibattere sull’ opportunità di attirare investimenti cinesi sul suolo europeo al fine di compensare il trend che abbiamo appena descritto, vendendo loro gli impianti dismessi per eccesso di capacità produttiva. È evidentemente un tema complesso che necessita di una particolare attenzione: innanzitutto, strategicamente parlando, il rischio di consegnare le chiavi dei nostri confini ad un paese antagonista ci pone in una situazione potenzialmente pericolosa. Inoltre, è difficile pensare che i componenti vengano somministrati da produttori locali, quando sappiamo molto bene come la componentistica cinese sia molto efficiente, a prezzi molto competitivi soprattutto per le già menzionate batterie dove il dominio del paese asiatico non ha rivali.
CONCLUSIONI
Il settore automotive sta vivendo cambiamenti epocali forse mai visti da un secolo a questa parte. Rimane per tutte le tre principali economie mondiali un asset irrinunciabile e Stati Uniti e Cina lo stanno dimostrando con fatti concreti. Nella sempre tormentata Europa mai come ora sta prevalendo l’ ideologia rispetto al pragmatismo, che vorrebbe invece chiarezza e fondatezza di scelte. La visione europea è purtroppo offuscata da troppe illusioni che stanno finendo di mettere a rischio 13 milioni di posti di lavoro, il 7 % del PIL e un gettito fiscale annuo di 400 miliardi di euro. Fino a pochi mesi fa, si poteva ancora sostenere che l’ auto elettrica sarebbe stata possibile in Europa, ma oggi sappiamo che non è così: già migliaia di licenziamenti sono in corso e altre migliaia si stanno prospettando, mentre navi cariche di auto stanno arrivando dai porti di Shanghai. Ogni continente deve fare affidamento alle proprie tecnologie e alle proprie disponibilità di materie prime, perché ignorarlo porterà inevitabilmente all’ insuccesso. Il mondo è cambiato repentinamente: conflitti, autocrazie, dazi, rotture delle catene del valore globale, demografia hanno già stravolto le nostre prospettive di sviluppo industriale e quindi del nostro benessere, minando la basi del nostro modello che ha retto per tutto il dopoguerra. Non possiamo stare a guardare, dobbiamo difendere le nostre imprese, il nostro know-how senza esitazione e con grande determinazione.
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