PARTS Marzo 2023 | Page 24

A ttualità

Il settore automotive in Italia : pericolo allargato
In Italia , la filiera produttiva automotive occupa complessivamente più di 268mila persone ( il 7 % degli occupati del settore manifatturiero italiano ) in 5.156 imprese che realizzano 92,7 mld di € di fatturato , pari al 9,3 % del fatturato della manifattura nazionale e al 5,2 % del PIL italiano , generando 76,3 miliardi di € di prelievo fiscale sulla motorizzazione ( dati Anfia , 2021 ). In particolare le imprese della componentistica , concentrate soprattutto tra Piemonte e Lombardia , sono 2.202 e contano più di 168mila addetti . Il loro fatturato complessivo è di 54,3 mld di € ( dati Anfia 2021 ). La filiera distributiva registra invece 7.423 operatori : 5.356 attivi nell ’ aftermarket suddivisi in distributori / grossisti , ricambisti con forza vendita , ricambisti / accessoristi ( dati GiPA 2022 ). Sono circa 48mila gli autoriparatori ( 35.700 officine indipendenti e 11.654 officine OES legate alle Case costruttrici ), dei quali 10.753 carrozzieri , che operano su un parco circolante di 32.875.663 unità ( dati GiPA 2021 ), generando un fatturato che nel 2021 ha sfiorato i 20 mld di €.
Il bacino occupazionale dell ’ industria automotive non include soltanto gli operatori direttamente collegati a produzione , distribuzione e manutenzione , ma comprende tutti i lavoratori che appartengono al mondo della mobilità e dei trasporti , per esempio gli occupati nelle reti di rifornimento : nei 22.149 impianti presenti sulle strade e autostrade nazionali lavorano circa 50mila persone . Vanno poi considerati gli addetti al noleggio e servizi connessi , gli operatori attivi nel trasporto su strada di merci e passeggeri . L ’ allarme - a fronte dell ’ ineluttabilità della decisione del Parlamento Europeo che , a oggi , attende solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale - è generale e decisamente rosso : quale sarà l ’ impatto sul lavoro della transizione energetica che investirà l ’ intero universo automotive ? Siamo pronti alla necessaria e inevitabile transizione industriale che vede l ’ Italia ancora molto indietro rispetto agli altri Paesi europei ? La risposta , inequivocabile , è no . Un no forte e deciso , commentato e giustificato da più fronti .
Tra rischio occupazione e pericolo Cina
Tante , troppe questioni restano aperte e anche i vantaggi per l ’ ambiente vengono messi in discussione da molti rappresentanti del mondo della politica , delle istituzioni e delle associazioni di categoria . Già lo scorso giugno il Presidente di Federmeccanica Federico Visentin , in un ’ intervista al Corriere della Sera , sottolineava che a fronte di vantaggi sul fronte ambientale incerti gli svantaggi sono certissimi : “ L ’ ambiente va tutelato , siamo d ’ accordo … ma se consideriamo anche l ’ impatto dovuto a produzione e smaltimento delle batterie , le auto elettriche sono a emissioni zero solo dagli 80mila chilometri in su , a condizione che si ricarichino solo con energia verde . Ma oggi non abbiamo garanzia di avere tutta l ’ energia verde che servirebbe ”. Secondo Federmeccanica , la transizione in atto metterebbe a rischio in Italia 73mila posti di lavoro e ci esporrebbe alla concorrenza spietata della Cina , che “ ha in mano il business delle batterie , non solo per l ’ estrazione di nickel , litio e cobalto ma anche per la loro raffinazione ”.
Tempi impossibili : serve un approccio graduale
Insiste sui tempi inadeguati Federauto , all ’ annuncio dell ’ ok del Parlamento Europeo sullo stop al 2035 di diesel e benzina . E il Presidente della Federazione dei concessionari auto italiani ,
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