DI TIZIANA NICOLOSI
In un vortice della mente. In aeroporto. Nel
fondo di un pozzo. A Pantalica.
Il non luogo è quel ponte, quello spazio
residuo o transizionale. La riconcettualizzazio-
che lo ha reso esistente e subito agonizzante
nella paternità di Augé.
Ciò che nella impressione fredda e formale
rappresenta il non luogo, è qualcosa di nega-
tivo, di così aleatorio per quanto necessario,
tutto, un pieno senza spazio reale per le sue
parti, una messinscena strumentale di una
sceneggiatura cannibale. Ma è proprio da
questo scorrere semantico impalpabile che
viene fuori l’opera d’arte, l’essenza unica e
irripetibile, se non nella sua clonazione conti-
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nua dall’atto creativo, nella sua seriale ripro-
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renza sentimentale, temporale, narrativa.
lavora il continuum tecnologico e situaziona-
le, comunicativo, esperenziale del ‘non luogo’
-
come punto di partenza e meta, come ‘moto a
luogo’, ‘moto da luogo’ e ‘stato in luogo’,
altamente e fortemente riconosciuti, etichet-
tati e platealmente condivisi.
Siamo dei microcosmi entro cui si realizza il
macrocosmo. Siamo il movimento da un para-
Siamo nella visione come processo intuiti-
vo-descrittivo, nell’interconnessione di una
dimensione divoratrice.