UNA PICCOLA ESTETICA DEL VUOTO
L non luogo è stata precedente al 2003, anno in cui è stato registrato in italiano il neologismo basato sul non lieu francese. In un bar, dove esponevo
scatti, si era inalberato, per poi calmarsi e dire:“ Ho capito, sono dei non luoghi disertati più che frequentati anonimamente, anche se portatori dell’ anonimato relativo alla solitudine. Calvino li chiamava terreni vaghi, riprendendo il francese terrain vague, che sta tanto per deserto che, in senso lato, per orizzonte. Quella vaghezza sa d’ indistinto e c’ è dentro tutta la poetica del luogo fantasma … ha il fascino della marginalità, ma anche la quieta, vasta, profonda persistenza dell’ attesa tra demolizione certa e costruzione possibile, tra testimonianza di resti e spazio da riempire, tra libertà e solitudine. Ci interroga con l’ assenza: è semplicemente un luogo che ha perso i documenti, ma non l’ identità. Orti urbani, periferie di casermoni, rovine ma anche urbanistica a pieno regime( e di regime
- sti di fabbriche, cortili, strade chiuse, spazi interstiziali che appaiono come meste epifanie: che cosa
urbanisti: nel 1996 Ignasi de Solà Morales chiamerà l’ interscape proprio terrain vague, insistendo sulla doppia derivazione latina di vague: vacuus e vagus. Tutto questo è in contrasto, ma forse solo non luogo, ovvero uno spazio connotato dal suo essere anonimamente costruito e rivolto all’ attività pratica: la stazione, la sala d’ attesa, lo spazio
singolo atrio al mondo non fosse che il molteplice empirico. Dico apparentemente, perché Marc Augé, l’ antropologo che ha teorizzato il non lieu, sostiene che un luogo, per essere tale, debba essere identitario, relazionale e storico. Quindi il non luogo, al pari del terreno vago, può essere frequentato o visitato, ma non abitato. Sono entrambi spazi in cui non si è nessuno. Tutto questo cambia l’ occhio dell’ osservatore? Ed ecco che anche il non luogo trova, in questa prospettiva, la sua scrittura( e quando sarà abbandonato, si leggerà ancora meglio): l’ architettura pratica e geometrica ha innegabilmente una sua estetica. Anche e soprattutto le sbavature di orpelli quasi pleonastici passeggero( nel senso etimologico), si trovano a testimoniare un modo d’ essere. L’ assenza d’ identità è essa stessa un’ identità che le trasformazioni urbanistiche riporteranno alla luce post mortem: il vuoto, che non è assenza, si trova forse a essere il proprio opposto: come negare la cauta attrattiva dello spazio anonimo e il suo messaggio programmaticamente rassicurante e di fatto inquietante? Forse, allora, il non luogo è un luogo fortemente connotato, un soggetto potente per la rappresentazione e importante per la documentazione. E magari, allora, ogni luogo è luogo, a dispetto di Augé, e il non luogo, fedele al proprio nome, non esiste!
Luca andriolo
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