passo ha in sé l’ idea che la storia non è mai chiusa, e che sta a noi provare a cambiarla. Chiederei a ciascuno di voi, partendo dalla propria storia biografica, quale cosa ritiene in questo momento più urgente fare?
Paolo Di Paolo
Essendo uno scrittore, il mio sforzo nel quotidiano è cercare di mettere un po’ di ordine nell’ inquinamento acustico e lessicale che ci avvolge. Perché le parole usate male, le parole usate senza responsabilità, fanno parecchio danno.
Qualche mese fa su Repubblica ho scritto di un piccolo esperimento: avevo interagito con una hater, come oggi si chiama la figura di chi sui social riversa la sua intolleranza. In realtà era una semplice signora, dipendente del Ministero della pubblica istruzione, cosa che mi aveva abbastanza impressionato, la quale parlando di migranti arrivava a livelli di violenza verbale inaudita. Le avevo scritto sulla sua pagina facebook, per farle presente che l’ uso di quelle parole era molto pericoloso.
Lei in una prima fase è stata molto aggressiva, in una seconda fase, evidentemente sentendo che c’ era qualcuno che aveva voglia di ascoltarla, si è rivelata il contrario di quello che le sue parole manifestavano: « Ma sa, poi la rabbia ci fa dire cose in cui non crediamo », « Sì signora – le ho detto – però le parole hanno un effetto ». Questo per dire che non dobbiamo rassegnarci all’ abbruttimento del livello di confronto sui social.
Quindi la cosa più urgente per me, in
Per creare consenso sui diritti serve un cambio del racconto, certo. Sapendo però che le diseguaglianze creano distanze.
Italia in questo momento, è ritrovare una dimensione quotidiana di dialogo con gli altri, di rapporto con le parole degli altri e di riscoperta della possibilità che le nostre parole abbiano un minimo di effetto sul discorso degli altri. È poco, è tanto, non lo so. È ciò che può fare chi come me lavora con le parole
Pietro Polito
Un terreno di impegno comune per me è la costruzione di un’ etica sociale. Un’ etica sociale per reagire all’ etica mercantile. Quindi portare avanti le ragioni di un’ etica sociale e compiere dei gesti in questa direzione: potrebbe essere una bella prospettiva perché è un ideale universale, che può interessare l’ etica laica, l’ etica religiosa.
Tornando a Gobetti, ho portato un libricino, si intitola Rivoluzione liberale. Vorrei leggervi una frase, in cui Gobetti si rivolge ai giovani di allora, ma credo possa parlare anche ai giovani di oggi. Lui scrive: « Non cerco dei lettori, cerco dei collaboratori ». Collaboratori per fare che cosa? Per « inserirci nella vita politica del nostro paese, migliorarvi i costumi e le idee... Ma non pensiamo di raggiungerlo con un’ opera di pedagogisti e di predicatori. La nostra capacità di educare si esperimenta realisticamente in noi stessi. Educando noi avremo educato gli altri ».
Eleonora Artesio
Cosa è importante fare dal mio punto di vista? Uscire dal complesso di inferiorità del perdente. Perché in questo momento sia la politica – intendo quella a cui faccio riferimento – sia il lavoro sociale – quello
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