Facchetti, che rapporto avevano Čislenko e suo padre?
Ricordo che c’era una rivalità partita dal Mondiale ’66, quando
l’Italia perse con l’URSS, “vendicandosi” poi in un’amichevole di
cui conservo il biglietto: mi è stato regalato, un vero reperto sto-
rico. Čislenko era piccolo e veloce e gli dava molto fastidio, come
Danova del Milan, che nel privato è stato uno dei suoi più grandi
amici. So però che mio padre fu anche amico di Lev Jašin, che lo
invitò al suo addio al calcio. Su questo manifesto ci sono firme e
dediche, tra cui proprio quelle di Jašin e Čislenko. Erano un po’ dei
monumenti che si accostavano l’uno all’altro.
Che rapporto ha avuto suo padre con la maglia azzurra?
Un rapporto che oggi è difficile ritrovare. Aveva tenuto i tele-
grammi che gli spedivano i tifosi prima delle partite importanti:
raccontano di un sentimento popolare che oggi oggettivamente
non c’è più. L’Italia veniva prima di ogni cosa. Ricordo anche che
nell’estate 2006, la sua ultima, ci siamo visti insieme la semifinale
e la finale del Mondiale 1970. Al gol di Gérson per il 2-1 del Brasile
si arrabbiò e mi chiese di cambiare canale.
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