Metato 69 bozza 20 agosto | Page 11

colari, spesso sconosciuti, di uomini e luoghi. Dopo la scansione dei primi negativi, andò progressivamente delineandosi un mondo meraviglioso, tanto più affascinante perché imprevedibile ed inatteso: sera dopo sera, tornavano a materializzarsi sul “grande schermo” (“grande” rispetto alle limitate dimensioni dei negativi originali in celluloide) persone, ambienti ed avvenimenti che avevano costituito l’ambiente nel quale mio Padre, e prima di lui, mio nonno, erano vissuti. Il tutto appariva quasi un diario visivo, un affascinante resoconto costituito da una successione di immagini su alcune lastre fotografiche di vetro, sulle quali intravidi i ritratti dei bisnonni e trisnonni: su alcune di queste, apparve anche il leggendario Bisnonno Niccolò - classe 1859 – tante volte rammentato dal nonno (suo figlio) durante la mia infanzia in merito all’impegnativo compito, ricoperto intorno al 1890, di macchinista ufficiale del Treno Reale di Umberto I, sulla tratta da Roma a Pisa S. Rossore, località quest’ultima dove si trovava la tenuta di caccia di Casa Savoia. La riscoperta di una “Leggenda”. La fama del progenitore divenne tale - rammentava sempre il nonno – da far nascere in quegli anni di fine 800 nel Deposito Locomotive di Pisa, dove prestava servizio, il simpatico detto: “ … Non si fan Treni Reali senza Panconesi e Cardinali”, e Cardinali era, naturalmente, il suo inseparabile fuochista a bordo della prestante locomotiva “Giovanna D’Arco”. Con il successivo trasferimento a Pistoia, Niccolò iniziò a percorrere sempre in qualità di macchinista - la difficile ed impegnativa Porrettana: qui, a differenza delle linea tirrenica fino ad allora conosciuta, incontrò le temibili gallerie appenniniche, regno del fumo e costellate di pericoli in agguato ad ogni chilometro; qui co- 1892. Pisa, mio nonno Ugo Panconesi a 4 anni Rimettendo in ordine un armadio, rinvenni una scatola di cartone dall’aspetto modesto... di ciò che era stato e di cui avevo, a volte, soltanto sentito parlare nella mia lontana infanzia: ogni sera attendevo con impazienza quel momento in cui i miei progenitori mi avrebbero narrato e rivelato la propria vita, dall’ infanzia alla maturità. In quella vecchia scatola di cartone, ritrovai anche immagini più remote, non scattate da mio Padre e impresse nobbe il lancinante dolore dietro le orecchie, ogni volta sintomo dell’imminente asfissia dovuta ai fumi ed all’ossido di carbonio che ristagnavano nei tunnel più lunghi, ma anche in quelli particolarmente insidiosi, come quelli di Piteccio, Fabbiana e Le Calde. Ogni qual volta partiva alla testa del suo convoglio in direzione di Bagni della Porretta, scrutando quell’Appennino che lo attendeva per una nuova sfida, sapeva bene che su quei viadotti che vedeva stagliarsi a mezza costa della Montagna, e soprattutto all’interno di quelle tante gallerie che avrebbe dovuto percorrere immerso nel denso fumo pervaso di zolfo pro- Niccolò incontrò le temibili gallerie appenniniche, regno del fumo e costellate di pericoli dotto dalle vaporiere… c’era la morte che lo attendeva, in una sfida che si rinnovava ad ogni viaggio, alla quale poteva solo contrapporre la sua grande esperienza di macchinista! Quando la sua macchina - solitamente una “420” della Rete Adriatica (Società che a quel tempo gestiva la Linea) - si immergeva nel buio e nella densa fuliggine dei tunnel, spaIl Metato • 11 1911. Monachino, 15 agosto - nonni Ugo e Adelaide e bisnonno Niccolo macchinista , con la bottiglia