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¶ RACCONTI DI LUCE

L ’ avamposto

di / by Isidora Tesic

Nel modulo due , l ’ uomo sta dormendo da otto ore . La risacca delle onde cerebrali , registrata sullo schermo , oscilla lievemente . Non decodificabili , le immagini elettriche dei suoi sogni rischiarano appena il buio come fluorescenti , tremule , aurore boreali . L ’ uomo sembra tranquillo . Il corpo , assicurato alla branda , è spaesato , pacifico e amabile . L ’ aria nel modulo è densa . Nei sogni dell ’ uomo non devono esserci violenza o vizio . Il suo viso è depurato , quasi disossato , senza allucinazioni . Gli occhi tremolano nelle orbite . La disposizione delle cose nel modulo due è metodica e piena di buonsenso . Ogni cosa è stata selezionata secondo il criterio dell ’ utile ed è poco distante dall ’ uomo . Quando si sveglierà potrà facilmente accendere la luce , raggiungere il computer , bere dell ’ acqua . C ’ è in quell ’ ordine una predisposizione al dolore di cui l ’ uomo non sembra consapevole . Dorme con cautela e le cose , utilissime e bellissime , lo circondano come rassicuranti numi tutelari . Nessuna divergenza tra le cose e la loro funzione . Rimangono a disposizione , assicurando una continuità di benefici e servizi . Solo dall ’ uomo sembra emergere , a tratti , una tendenza all ’ inutile . Il suo scopo recondito , il fine ultimo del suo corpo-cosaviva rimane prevalentemente ignoto . Certamente , tutti i suoi parametri vitali sono monitorati e l ’ uomo è perfettamente vivo e sano . Il corpo nella branda è un corpo svezzato e pronto per l ’ uso . Ma c ’ è del fatuo nella carne , qualcosa di inconcludente nel respiro . L ’ uomo nel modulo continua a dormire , ostinatamente . In lui qualcosa di superfluo avanza a tentoni per un po ’ di vita cieca , banale e lieta . Poco dopo la nona alba apre gli occhi e non si guarda attorno . Allunga lentamente il braccio per accendere una luce piatta , che sbianca tutto , poi stacca gli elettrodi dal cranio e si sgancia dalle cinghie . Il corpo amabile inizia a fluttuare , ruotando su sé stesso all ’ interno del modulo , mentre si innalza verso l ’ oblò . Fuori lo Spazio è insopportabile , come del resto lo è stato nell ’ ultimo anno . L ’ uomo è nella Stazione da seicentoquindici giorni e gliene mancano centouno al ritorno . Oltre il vetro lo Spazio si decompone da miliardi di anni , nerissimo , nobile e terrificante . L ’ uomo lo vede continuamente dagli oblò , dalla cupola , mentre abita nella Stazione e il corpo si disfa mansueto nella microgravità . Come un ’ ossessione , prototipo di morte in vivo , lo Spazio manda segnali di futuri disastri . L ’ uomo si afferra alle maniglie ai lati dell ’ oblò e guarda in basso . Al di sotto della Stazione la Terra persiste . È azzurrina e lucente e , da quella distanza , inequivocabile . L ’ uomo la osserva con desiderio . Da quella lontananza la vede interamente e con disperazione . In quel suo avamposto , l ’ uomo è un essere periferico e pieno di profezie . La Terra galleggia in balia all ’ abbandono cosmico e i brulicanti , rovinosi insetti umani scivolano tutti troppo velocemente nel futuro . L ’ uomo socchiude gli occhi e si allontana verso l ’ uscita del modulo , poi gira a sinistra . L ’ addestramento è durato dieci anni , ma l ’ impresa si è rivelata indecente . L ’ uomo ora vede senza confusione , sì , ma senza spessore . Dall ’ altissimo , senza ombre , ogni cosa è parificata , perfetta e senza natura . Più in giù , sicuramente , la vita terrestre prosegue incerta . L ’ uomo sa che su quella vita c ’ è una luce che continua a cadere senza dolore . Una luce bollente , avida , naturale , artificiale che scivola , si infiamma e si scioglie sulla pelle tesa e imperfetta di tutte le cose . Sono talmente vicine da essere indistinguibili . Ma la luce ne mostra l ’ indole e tutto , persino gli uomini , sono aloni luminosi del proprio combustibile interno . Quello che da lassù ricorda l ’ uomo , sono riverberi , rifrazioni , riflessioni , diffusioni . Una visione elettrificata e abbagliante del mondo . Della vita non gli è rimasta che una memoria luminosa . Lo sfrigolio elettrico nel fundus oculi . La sua desquamante immagine retinica . Solamente , solamente degli iridescenti e incendiari residui visivi . L ’ uomo si ferma nel Centro . Sopra di lui la cupola principale , l ’ occhio oscuro e sgranato dello Spazio . Si avvicina al pannello di controllo . Il sistema operativo è acceso , in attesa . L ’ uomo preme il pulsante della registrazione e dà inizio al seicentosedicesimo giorno .

Roman Opałka , Opałka 1965 / 1-� , Detail 1-35327 , 1965 tempera , tela / distemper , canvas , 195 x 135 cm
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