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l Duomo di Milano splende sotto una nuova
luce. Oggi, interni ed esterni della cattedrale
possono essere ammirati come mai prima
d’ora grazie al progetto dello studio Ferrara
Palladino Lightscape. Un lavoro minuzioso,
gestito in tempi ristretti grazie a un alto livello di
competenza e a una sensibilità che deriva
dall’esperienza sul campo. Quando il tecnico
diventa un artista non esistono più valori e
metodologie assoluti: la luce si trasforma in
poesia pura e nasce in maniera istintiva, senza
bisogno di calcoli ma con il solo ausilio degli
occhi, del cuore e di un bagaglio culturale
costruito nell’arco di decenni.
Di questo e di tanto altro abbiamo parlato con
l’Ing. Pietro Palladino.
Qual è stata la genesi del progetto?
Sono stato contattato dalla Veneranda Fabbrica
del Duomo di Milano nel 2015, a soli due mesi
dall’inaugurazione della nuova illuminazione
degli interni, prevista il 1 maggio in
concomitanza con l’apertura di EXPO. Una prima
bozza di progetto era già stata presentata, ma
non finalizzata. Con tempi molto stretti abbiamo
progettato e installato i corpi illuminanti,
inaugurando entro la data prevista la parte
dall’ingresso al transetto. In seguito abbiamo
ultimato l’intervento nella zona absidale. Data la
buona riuscita dei lavori siamo stati chiamati
anche a illuminare l’esterno, con una deadline
più agevole. L’inaugurazione della luce
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LUCE 330 / PROGETTARE LA LUCE
architetturale è avvenuta a dicembre 2018.
Adesso stiamo lavorando alla nuova
illuminazione del Museo del Duomo di Milano e
sono diventato consulente della Veneranda
Fabbrica del Duomo di Milano.
Quali sono state le maggiori difficoltà
incontrate?
Si tenga conto che per un intervento di questo
tipo viene allestito un cantiere ad hoc, con
impalcature, gru e operai dedicati. Sia all’esterno
che all’interno è stato necessario calcolare
precisamente posizione e orientamento dei
proiettori perché non era possibile tornare sullo
stesso punto luce più di una volta, i costi
sarebbero cresciuti in maniera esponenziale.
Faccio un esempio pratico: montare un
apparecchio a trenta metri d’altezza richiede
l’ausilio di una gru dal braccio molto lungo. Una
volta che l’operatore è in posizione, attraverso
dei laser, il fascio di luce deve essere direzionato
con precisione massima perché a certe distanze
errori di 2-3 mm spostano il fascio anche di 2-3
metri. All’esterno poi c’è stato bisogno di
chiedere l’autorizzazione ai proprietari dei
palazzi su cui i proiettori sono appoggiati (p.e.
La Rinascente, H&M, il Museo del 900, ndr). I
lavori sono sempre stati eseguiti di notte, e si
deve poi considerare che tutti i lavori sono stati
svolti in overlapping. Non è stato possibile
smantellare il vecchio impianto per costruire
quello nuovo, ma si è dovuto procedere per step
perché il Duomo non poteva per nessun motivo
rimanere al buio. La progettazione è stata
rigorosa, tanto quanto lo è quella ingegneristica
per costruire un ponte: il minimo errore sarebbe
stato fatale. Anche la scelta degli apparecchi è
stata un passaggio fondamentale. Ci siamo
affidati a Erco scommettendo sull’alta qualità
dei loro prodotti; un qualsiasi guasto o rottura
comporterebbe la chiusura di una grossa parte
del Duomo al pubblico, e vista la continua
affluenza di visitatori e fedeli – gli ingressi sono
stati 2.140.786 nel 2017 – è impensabile
interrompere i percorsi. Ritengo che la
professionalità di un progettista si misuri su
interventi di questa portata, dove la
responsabilità è massima e il margine d’errore
ridotto a zero. Questo lavoro dalle dimensioni e
dalla complessità esasperate è stato un punto
d’arrivo per me e per lo studio Ferrara Palladino
Lightscape. Un caposaldo del lighting che potrà
essere usato per fare della didattica.
Ci sono state differenze di approccio tra interno
ed esterno?
All’interno ci sentivamo maggiormente “a casa
nostra”, abbiamo gestito in autonomia aziende
e maestranze. All’esterno abbiamo collaborato
con A2A Energia e ci siamo collegati direttamente
alla rete pubblica. C’è stata molta più burocrazia,
sono stati necessari permessi speciali… Il lavoro
è stato meno lineare e sicuramente più
articolato. Va sottolineato che, in perfetto stile
Veneranda Fabbrica, per gli esterni non ci sarà
mai “l’istante zero”, ovvero l’illuminazione non
sarà mai accesa nella sua totalità. Al momento
non sono ancora stati posizionati circa 60-70
proiettori, perché la guglia della Madonnina è in
fase di restauro. Quando a questa saranno tolte
le impalcature, saranno avviati altri cantieri e, di
conseguenza, parte dell’illuminazione ora in uso
verrà spenta, in un circolo continuo.
Quali sono stati i riflessi positivi della nuova
illuminazione?
Certamente è stata utile alla riqualificazione del
luogo. È palpabile la volontà di rendere il Duomo
nuovamente il “centro di Milano”, un luogo
frequentato dai cittadini, vivo e pulsante. Grazie
alla nuova illuminazione non solo è stata
rilanciata l’immagine generale della cattedrale,
ma è ora possibile utilizzare i suoi interni per
eventi di vario tipo. La flessibilità dell’impianto
illuminotecnico e la possibilità di impostare
scenari differenti con facilità, attraverso un’app
su iPad, sono concepiti per accompagnare tutte
le funzioni religiose, ma anche eventi culturali
come concerti ed esibizioni canore. Si tratta di
un’operazione di valorizzazione di altissimo
livello, simile a quella fatta su scala urbana dalla
città di Lione con la Fête des Lumières. Non si
deve poi dimenticare che il Duomo è uno dei
monumenti più visitati in Italia. Per questo
abbiamo fatto in modo che chiunque entri,
grazie all’illuminazione equilibrata, possa
scattare una foto senza che l’obiettivo ponga
l’accento su questo o quel dettaglio.
L’attenzione volutamente data alla verticalità
non solo esalta gli interni gotici, ma aiuta le
persone a concentrarsi sulle dimensioni dello
spazio, ad apprezzarne la magnificenza.
Desideravo fortemente che tornasse a essere un
luogo per il popolo, e credo che l’obiettivo sia
stato raggiunto.