¶ EPIFANIE DI LUCE
Le voci – e le luci –
della sera
di Natalia Ginzburg
di Empio Malara
“
Era ottobre, cominciava a far freddo;
nel paese alle nostre spalle s’erano accesi
i primi lampioni, e il globo azzurro
dell’Albergo Concordia rischiarava d’una luce
vitrea la piazza deserta”.
Con questa frase, all’inizio del suo racconto Le
voci della sera (Giulio Einaudi editore, 1961 /
ripubblicato nel 2015 nella nuova edizione di
Domenico Scarpa), Natalia Ginzburg accenna al
tema della luce nel paesaggio. Con un modo di
scrivere, nota Italo Calvino, “tutte frasi
semplici, elementari, e che pure riescono a
contenere un rapporto con il mondo esterno
fatto di affetto, di stupore, d’ironia”.
Il paesaggio, caro a Natalia, è quello
piemontese: “Si distinguevano in lontananza,
la sera, i lumi di Castello, e i pochi lumi di
Castel Piccolo, in alto, su una gobba della
collina; e di là della collina – avverte l’autrice
–, c’è la città”. Frequentata da una delle
protagoniste del racconto, fino a “l’ultima
corsa dell’autobus, alle dieci di sera”, la città è
desiderata e evocata al tramonto, quando nel
paese dove vive Elsa “si sono accesi i
lampioni”.
Natalia Ginzburg è rapita dalla luce; tuttavia,
nel racconto incentrato sul dialogo, la luce
entra indirettamente in scena solo nei
dialoghi, sempre alla stessa ora, sempre di
sera, acquistando quindi un significato
atemporale. “La sera stavan soli, lei e il Mario,
nel grande salotto, popolato di quadri bui, di
preziose porcellane, di specchi. Qualche
candela era accesa, nei candelabri d’argento, e
non c’era altra luce […] «Con quelle candele –
diceva la signora Cecilia – almeno risparmiano
la luce elettrica». Ma non era vero, pagavano
dei conti enormi anche di luce elettrica”.
La prima edizione di Le voci della sera,
edita da Einaudi nel 1961 / The first
edition of Le voci della sera, published
by Einaudi in 1961
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LUCE 330 / EPIFANIE DI LUCE
Le storie, le tante storie che Natalia racconta,
appaiono e riappaiono scandite dal crepuscolo
della sera che assorbe tutti gli eventi, grandi e
piccoli: “La sera del giorno dopo, il Tommasino
venne a parlare a mio padre”; dopo qualche
giorno, “prese a venire ogni sera”, e rotto il
fidanzamento Elsa domanda a Tommasino “A
questo pensavi mentre eravamo nel salottino,
la sera con zia Ottavia? Che stavi voltando le
spalle alla tua stessa anima?”. Come
Tommasino, anche Elsa nascondeva, di sera, la
propria identità, sotterravano i pensieri –
precisa Italo Calvino nella sua introduzione al
racconto-specchio della disincantata e
uniforme visione dell’esistenza della Ginzburg,
dove nessuno ama più nessuno.
In modo rigoroso e spregiudicato, Natalia
Ginzburg, nei dialoghi, si serve della parola
“sera”, senza citare le luci. Ma nel suo breve
romanzo, il tono elegiaco si piega sui
sentimenti d’amore in modo così evanescente
che questi spariscono appena Natalia li porta
alla luce, della sera.
11 – continua. Per “Epifanie
di Luce” sono usciti finora
su LUCE i racconti di Empio
Malara: “Alessandro
Manzoni, artefice della luce”
(n.317, settembre 2016);
“Herman Melville. La luce
invita al viaggio” (n.321,
settembre 2017); “La luce e
il buio nel ritratto di James
Joyce da giovane” (n.322,
dicembre 2017); “Lampi e
luci in Addio alle armi di
Hemingway” (n.323, marzo
2018); “Il sole artificiale nel
romanzo La Montagna
Incantata di Thomas Mann”
(n.324, giugno 2018); “La
luce irriverente e irrazionale
in alcuni testi di Carlo Emilio
Gadda” (n. 325, settembre
2018); “Le luci rivelatrici di
Philip Roth in Pastorale
Americana” (n.326,
dicembre 2018); “Le finestre
illuminate di Marcel Proust
nel romanzo Un amore di
Swann” (n.327, marzo 2019);
"Leonardo da Vinci in Luce"
(n.328, giugno 2019);
"Il sottosuolo buio di Fëdor
Dostoevskij illuminato
da Alberto Moravia" (n.329,
settembre 2019)