¶ EDITORIALE
Quasi sessant’anni
di cultura della luce
e una canzone
di Modugno
di Silvano Oldani
E
ra il 1959, e gli italiani, con un coraggio
oggi inaspettato e una volontà forse oggi di
nuova attesa, ricostruivano con impegno
un territorio uscito dal buio della guerra e dalle
macerie del dopoguerra per contribuire al
rilancio economico e sociale del Paese. Fu una
“spinta” quasi keynesiana condivisa da tutti e
molti furono i traguardi raggiunti e ammirati dal
mondo. Alcuni esempi, tra i tanti di un elenco
molto lungo: l’Autostrada del Sole, un
capolavoro di ingegneria civile; i giovani
ricercatori guidati da Mario Tchou, che
realizzarono per Olivetti l’Elea 9003, il primo
computer commercializzato al mondo realizzato
interamente con componenti allo stato solido
(transistor e diodi), insignito del Compasso d’Oro
nel 1959 grazie all’innovativo design di Sottsass.
O la scena tra le più belle del cinema
internazionale, con Audrey Hepburn e Gregory
Peck a bordo della prima Vespa Piaggio in
Vacanze Romane. Uno, non l’unico, dei prodotti
di disegno industriale italiano più famosi
al mondo. E non dimentichiamoci che nel 1966
l’Italia era il terzo paese occidentale per
potenza nucleare installata dopo Stati Uniti
e Gran Bretagna.
Anche le città si accendevano di nuova luce,
e in quei magici anni sette grandi personaggi
dell’illuminazione decisero a Milano, in un
giorno di primavera, il 6 aprile 1959, di creare
AIDI. I loro nomi: Piero Anfossi, Lino Richard,
Filippo Carati, Ugo Pollice, Giovanni Cova,
Ugo Fuccinelli, Ariberto Tibaldi e Renzo Grandi.
Alcuni li ho conosciuti da ragazzo, come Carati
e Tibaldi, altri avrei voluto molto conoscerli,
come Ugo Pollice, poiché sono quasi di
famiglia, e Lino Richard.
Dall’incanto di una storia pioneristica tutta
italiana nacque anche la rivista LUCE, certo oggi
cambiata da allora, come altre mille cose sono
cambiate, con direttori che magistralmente
l’hanno diretta negli anni con l’obiettivo di
sostenere con intelligenza e cultura un nuovo
comparto che nei decenni si svilupperà in
diversissime forme e tecnologie.
Quella luce che illuminerà le nostre case
e le nostre città, il nostro patrimonio artistico
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e monumentale, e che si contaminerà sempre
di più con altre discipline e arti.
Scrive il presidente di AIDI Gian Paolo Roscio su
queste pagine che aprono il numero 330 di LUCE:
“Sessant’anni di storia sono un lungo cammino e
rappresentano uno stimolo per continuare a
perseguire gli stessi obiettivi che nel 1959 avevano
spinto uomini, donne e aziende a volerne
fortemente la sua costituzione. Alla vigilia del
2020, concluse le celebrazioni dell’Anniversario
di AIDI, il mio ringraziamento va a tutti coloro
che in vari ruoli, in tutti questi lunghi anni,
si sono adoperati per la vita e per il successo
dell’Associazione”. E aggiunge, “un impegno
a nome di tutti anche per il suo futuro”.
Alla vigilia del nuovo anno, lasciando alle spalle
questo importante anniversario e vedendone
all’orizzonte uno prossimo, quello dei 60 anni di
LUCE, fondata da AIDI nel 1962, non posso che
osservare come la lunga e mitica storia di questa
Associazione sia stata nei decenni attraversata da
sentimenti, valori e visioni. Uomini e donne,
studiosi e imprenditori, che non solo hanno
arricchito professionalmente e umanamente più
generazioni di giovani, conducendo tutti noi
in un viaggio illuminato che è stato bello
ed emozionante da percorrere, ma hanno
illuminato o dato luce anche all’Italia!
Allora un augurio per il futuro a tutti noi. Forse
quello di essere capaci di canterellare di nuovo,
con lo stesso entusiasmo di un tempo, una
canzone forse mai dimenticata, scritta da
Migliacci e Modugno nel 1958: Volare… nel blu
dipinto di blu... E volavo, volavo felice più in
alto del sole. Un volare che dobbiamo tutti
riscoprire, credendo in noi e nel nostro Paese.
Questi i miei auguri, care lettrici e cari lettori,
per il nuovo anno.