Una Biennale
per ripensare la realtà
di Jacqueline Ceresoli
Q
uando l’arte pone domande su cause
ed effetti della modernità, come propone
May You Live In Interesting Times di Ralph
Rugoff, il messaggio per l’umanità è di prendere
coscienza responsabilmente di vivere le
complesse trasformazioni in atto, non da
temere ma da conoscere.
Questa Biennale di taglio sociologico,
epistemologico, rispecchia il nostro tempo
confuso e affronta di tutto un po’ con attitudine
didascalica, compilativa; è apocalittica e
integrata al tempo stesso. Le opere esposte
richiedono al visitatore tempo di riflessione, sono
contro l’eccesso di semplificazione. Tra l’Arsenale
e i Giardini, sfilano linguaggi plurimi dell’arte
contemporanea con opere aperte a molteplici
letture. Dalle emergenze ai cambiamenti epocali
nella “modernità liquida” post globalizzazione,
dove la diversità, il polimorfismo e la diffidenza
per la differenza sono banditi, tutto all’insegna
del molteplice non riconducibile a un unicum
semplificato: potrebbe essere una chiave di
lettura di questa Biennale.
Per la prima volta prevalgono le artiste donne,
presenti in entrambe le sedi, e quest’anno
per fortuna il programma di performance non
è soverchiante, come è accaduto nel 2017. Tutti
gli artisti hanno creato opere che riflettono il loro
sguardo sul mondo, amplificano ciò che già
sappiamo, che siamo vulnerabili e in pericolo,
con poetiche e linguaggi individuali volti
a comprendere i cambiamenti dell’umanità. Tra
l’Arsenale e i Giardini prevale una visione cinica
dell’arte, è quasi fake news della realtà dove
verità e transfigurazione dei fatti si mescolano.
Opere che cercano le ragioni della complessità
del presente in cui catastrofismo e speranza, tra
razionale pessimismo e ottimismo per volontà,
convivono e cercano un significato del mondo.
Due sole artiste donne italiane selezionate
da Rugoff, Lara Favaretto e Ludovica Carbotta,
peccato! Molti i video di denuncia contro
le ingiustizie sociali, alcuni strazianti, altri
allucinanti come Dream Journal 2016-2019
di Jon Rafman, un’opera video di animazione
digitale che mostra una distopia futura. Uno
spazio urbano virtuale, tecnologico e noir,
popolato da strane creature ibride, in cui
l’assemblaggio tra realtà e fantasia genera una
sensazione di fastidio. Non brilla il Padiglione
italiano, intitolato Neither Nor a cura di Milovan
Farronato, alle Tese delle Gaggiandre. Potevamo
fare di meglio, fin troppo vago, metafisico.
Delude le attese; buona l’idea del labirinto,
ma la messa in opera del pensiero fluttuante
del curatore disorienta il visitatore che fatica
a riconoscere le opere incastonate nel
macchinoso percorso espositivo degli artisti scelti:
Liliana Moro, Enrico David e Chiara Fumai.
Le opere a tratti sorprendono e altre volte
annoiano. Il visitatore metaforicamente
cammina nel labirinto dell’arte contemporanea,
fluttuando tra pareti specchianti, in cui si
amplifica una visione del mondo distorta stile
Alice nel Paese delle Meraviglie, sospesa tra
enigma e metafisica realtà.
Merita il Padiglione del Belgio, Menzione
speciale, con l’opera Mondo Cane degli artisti
Harald Thys e Jos de Gruyter, fantocci semoventi
chiusi in gabbia, capaci di inscenare una umanità
tragicomica, così simili a “nuovi mostri” del
presente. Da vedere il Padiglione del Brasile
con Swinguerra di Wagner & de Burca, un
popolare ritmo di danza brasiliana fusa con
la guerra in un video in cui giovani danzatori
agitandosi inscenano tensioni sociali, di razza
e potere, e questioni di identità gender. Meritava
un premio il surreale Padiglione della Francia
con un video “tentacolare” di Laure Prouvost.
Si è aggiudicato il Leone d’Oro per la migliore
partecipazione nazionale la Lituania, con l’opera
performativa Sun & Sea (Marina) delle artiste Lina
Lapelyte, Vaiva Grainyte e Rugile Barzdziukaite,
dove bagnanti di tutte le età prendono il sole
in una spiaggia sugli asciugamani.
A noi spettatori naufraghi tra i padiglioni, senza
speranza, immersi da sur-visioni oscillanti tra
Fellini, Schopenhauer e i simulacri di Baudrillard,
dove l’umanità mutante anche robotizzata
è di scena, l’orizzonte del cambiamento sfuma.
58TH INTERNATIONAL ART EXHIBITION SPECIAL REPORT / LUCE 329
27