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¶ SPECIALE “May You Live in Interesting Times” testo e foto di / text and photos by Alberto Pasetti P aolo Baratta, presidente della Biennale, definisce il valore dell’iniziativa che caratterizza la 58. edizione dell’esposizione d’Arte con un enunciato che recita così: “una sfida a tutte le inclinazioni alla sovra- semplificazione”. Il tema, pur sembrando molto generico, introduce uno degli aspetti oggetto di riflessioni e di provocazioni che riguardano lo sguardo visionario oltre il cosmopolitismo e la globalizzazione. Egli stesso si compiace del fatto che vede più del 50% di giovani sotto i 26 anni frequentare la Biennale in qualità di “partner visitatori”. Ovvero, il visitatore, osservatore, come parte integrante della riuscita dell’esperienza, che provoca il significato dell’Arte. Infatti, esiste una fenomenologia che lo lega indissolubilmente al gusto della rivelazione e della reazione passivo-attiva, “seguendo il necessario spaesamento prima, l’impegno e la scoperta poi…”, come ci dice lo stesso Ralph Rugoff, curatore di quest’edizione. Rugoff fa sua questa assunzione più nel contenuto che nel merito, esplicitando le ragioni dell’intraprendere un viaggio nelle categorie di pensiero esistenti, aprendo nuovi orizzonti attraverso interpretazioni alternative che modificano la percezione della realtà. Tra i Giardini e l’Arsenale sono 90 le partecipazioni nazionali che mettono in moto le opportunità di considerare nuovi punti di vista e capire la molteplicità dei diversi “ordini” e regole nel mondo dell’Arte, in una convivenza simultanea di voci che caratterizzano la mostra. Come ci ricorda il curatore l’Arte può offrire una guida che ci aiuti a “vivere e pensare questi tempi interessanti” oltre a svolgere una funzione sociale che include sia la promozione del piacere in senso assoluto, sia il pensiero critico capace di rimettere in discussione i propri dogmi, le proprie convinzioni. Senza luce l’arte non appartiene alla dimensione del vedere, alla scoperta della forma, dei contrasti e chiaroscuri, dei cromatismi che definiscono una plasticità pregnante, appagante per l’effetto del fascino nel celare e rivelare allo stesso tempo. Senza luce l’Arte appartiene ad altri sensi, ad un altro cosmo di stimoli ed emozioni. Di seguito sono riportati alcuni casi emblematici che coniugano il potere dell’esperienza conoscitiva con le potenzialità espressive dell’illuminazione orientata al coinvolgimento sinestetico. La parete che Hisekado inclina, alle Corderie, costituisce la rappresentazione metaforica del collasso di strutture e sistemi di valori. È una quinta scenografica su cui si proietta lo scorrere di un filmato che ritrae una donna sdraiata in una foresta. La superficie è interrotta da un foro, Mister Roger's Neighborhood, di / by Alex Da Corte Padiglione Centrale / Central Pavilion, Giardini 24 LUCE 329 / SPECIALE 58. BIENNALE INTERNAZIONALE D’ARTE A VENEZIA quasi fosse un oblò, un buco “nero” verso il nostro subconscio. Dietro il foro si cela la quintessenza di una caverna, il luogo primordiale dell’istinto, il luogo dei sogni a cui l’artista permette di accedere grazie alla doppia visione in uno spaccato completamente simbolico. Da una parte la dimensione della realtà percepita, dall’altra la sfera dell’irrazionale, del sommerso che è in noi. La visione di Hisekado è omnicomprensiva, quasi una metafora della Biennale in sé. L’interpretazione della realtà e la percezione del profondo ignoto sono altalenanti in tutta l’esposizione. Nella riproduzione del plastico della cittadina Americana della serie televisiva Mister Roger’s Neighborhood, Alex Da Corte offre una prospettiva sul mondo dall’alto, come se l’osservatore fosse un gigante che osserva la vita delle persone. Tuttavia, a un secondo sguardo appare inequivocabilmente la mancanza di vita e di popolazione che suscita una sensazione tra il nostalgico e l’apocalittico. Più drammatica risulta la rappresentazione dello scheletro luminoso dell’astronauta Robert Henry Lawrence, morto in un incidente di volo, quasi a testimoniare il fluttuare eterno nello spazio buio. Ma le riflessioni sono molteplici e appartengono all’ampio spettro dell’agire e sentire umano. Così l’artista Renate Bertlmann dispone un campo di rose rosse di cristallo trapassate da una punta di ferro evocando il mito dell’intramontabile condizione umana tra passione e dolore. Ancora una volta è la luce a dare senso al messaggio, a far brillare e vibrare le sensazioni che la materia suscita. Una luce che dall’origine naturale diventa pienamente artificiale nell’installazione di Jitish Kallat, nel padiglione indiano, in cui la proiezione dello scorrere dinamico a pavimento della lettera che Gandhi scrisse a Hitler nel 1939 incontra prospetticamente un portale immateriale, luminoso e nebuloso, che vuole segnare il passaggio verso la consapevolezza e la conoscenza delle storiche verità. Infine, ma non ultima, la visione di Mark Justianiani nel padiglione delle Filippine, in cui sono evocate le presenze delle isole di avvistamento, avamposto per scrutare l’arrivo dei cicloni e tifoni che minacciano le coste orientali. Questi atolli sono anche una finestra sulle ricchezze della Terra, permettendo uno sguardo verso i gironi sotterranei, replicati all’infinito con oggetti, minerali lucenti e magici, che allo stesso tempo ricordano il senso di precarietà, così come appare fragile e inconsistente il pavimento vetrato che separa l’osservatore dalla stessa scena vulcanica ed effimera, metafora della vita e della natura instabile dei suoi percorsi.