¶ EPIFANIE DI LUCE
Il sottosuolo buio
di Fëdor Dostoevskij
illuminato
da Alberto Moravia
di Empio Malara
N
el racconto Memorie del sottosuolo,
pubblicato nel 1864, capostipite dei
romanzi di Fëdor Dostoevskij (1821-1881),
il protagonista “prende una lampada e discende
– nota nell’introduzione Alberto Moravia –
dall’appartamento del primo piano, in cui
è sinora vissuto, giù nel sottosuolo”. Per la
prima volta Dostoevskij – il protagonista è lui
– volge spietatamente lo sguardo su sé stesso,
ha il coraggio di analizzarsi, e Moravia ne
illumina le più buie confessioni del suo animo.
Dalle Memorie del sottosuolo, dal luogo dove
vive l’io narrante, emerge un nuovo
personaggio della letteratura: Moravia
lo definisce l’antieroe. Un antieroe che sarà
presente, in modi diversi e in luoghi meno
bui di quello del sottosuolo, in quasi tutte
le opere successive di Dostoevskij.
Vivere in “una stanza stretta e angusta,
dove – precisa Dostoevskij – regnava quasi
totalmente il buio” è già una scelta
completamente e definitivamente opposta
alla vita negli appartamenti rituali, borghesi
ed europei dell’epoca della Russia zarista.
Se poi “la candela accesa sul tavolo, in fondo
alla stanza, era ormai un moccolo quasi
spento”, se non vi è più nemmeno un barlume
di luce, se “da un momento all’altro la stanza
sarebbe stata invasa da una completa
oscurità”, vuol dire che l’uomo del sottosuolo
ha scelto di annichilirsi, ovvero di vivere
al di fuori della società, in un luogo che gli
permetterà di lanciare alla gente “perbene”,
dei piani superiori, i suoi biasimi incentrati
paradossalmente sulle sue depravazioni
commesse “in solitudine, la notte, di
nascosto… Fin d’allora – ammette Dostoevskij
– mi portavo nell’anima il mio sottosuolo.
Me ne andavo qua e là nei luoghi più bui”.
Sincero fino all’indecenza, fino
all’autoflagellazione, perché nel buio
è più facile contemplare il proprio inferno,
Dostoevskij ha creato dalle latebre tenebrose
del sottosuolo il primo racconto esistenzialista:
tutto ciò che accade nella parte iniziale
Frontespizio dell'edizione originale
pubblicato da F. Stellovskij, San
Pietroburgo 1866 / Frontispiece
of the original edition published by
F. Stellovskij, St. Petersburg 1866
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LUCE 329 / EPIFANIE DI LUCE
delle Memorie del sottosuolo, “non accade
– precisa Moravia – per motivi sociali, ma
unicamente interiori, oggi diremmo nevrotici”.
Ed è nevrotico il comportamento
contraddittorio del protagonista che si
manifesta nell’incontro con Liza, l’innocente
e profanata prostituta.
Una nevrosi irrisolta, alimentata dalla
mancanza di luce: “quanto più calava la sera
e quanto più fitte si facevano le ombre
del crepuscolo… Qualcosa non voleva morire
dentro di me, in fondo al cuore e alla
coscienza, non voleva morire”.
Nel rapporto incompiuto con Liza, Moravia nota
come il “sadomasochismo parossistico” del
protagonista consente a Dostoevskij, ben prima
di Sigmund Freud, di comporre” oltre alla storia
della nevrosi, la storia della trasformazione
della nevrosi stessa in racconto”.
Nel racconto delle sue memorie dal sottosuolo,
Dostoevskij usa, in modo inusitato, la luce
della ragione, altalenando il sadismo nei
riguardi della borghesia al masochismo
nei riguardi del protagonista afflitto, secondo
Moravia, “da un inestirpabile senso di colpa”,
alimentato dalla completa mancanza di luce.
Anticipando di più di un secolo i romanzi
esistenzialisti di Kafka e Sartre, nei quali il
rapporto sociale non è che una proiezione
della vita interiore, Dostoevskij usa l’anima
indecorosa di sé stesso per descrivere il proprio
buio, quel proprio senso di colpa che
caratterizzerà, in forme diverse, sia
i personaggi esclusi dai salotti borghesi
che le persone sensibili alle ingiustizie sociali
protagonisti di molti romanzi del Novecento.
10 – continua. Per “Epifanie
di Luce” sono usciti finora
su LUCE i racconti di Empio
Malara: “Alessandro
Manzoni, artefice della luce”
(n.317, settembre 2016);
“Herman Melville. La luce
invita al viaggio” (n.321,
settembre 2017); “La luce e
il buio nel ritratto di James
Joyce da giovane” (n.322,
dicembre 2017); “Lampi e
luci in Addio alle armi di
Hemingway” (n.323, marzo
2018); “Il sole artificiale nel
romanzo La Montagna
Incantata di Thomas Mann”
(n.324, giugno 2018); “La
luce irriverente e irrazionale
in alcuni testi di Carlo Emilio
Gadda” (n. 325, settembre
2018); “Le luci rivelatrici di
Philip Roth in Pastorale
Americana” (n.326,
dicembre 2018); “Le finestre
illuminate di Marcel Proust
nel romanzo Un amore di
Swann” (n.327, marzo 2019);
Leonardo da Vinci in Luce
(n.328, Giugno 2019)