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¶ EPIFANIE DI LUCE Leonardo da Vinci in Luce di Empio Malara N ato nel 1452, vissuto a Milano dal 1482 al 1499 e dal 1506 al 1513, Leonardo da Vinci morì in Francia cinquecento anni fa, lasciando al mondo i suoi dipinti, i suoi disegni, le sue note scientifiche e tecniche. Le annotazioni sulla luce contenute nei suoi manoscritti sono stupefacenti. Per Leonardo la luce si comporta come il vento su un campo di grano, piega le spighe, senza però cambiarne la posizione. Aveva intuito, per primo, la natura ondulatoria della luce. E, osservando le onde, ecco come Leonardo spiega la bellezza del mare sotto la luce del sole: “L’innumerabili simulacri che dalle innumerabili onde del mare refrettano dalli solari razzi in esse onde percosse, son causa di rendere continuato e larghissimo splendore sopra la superficie del mare” (Codice Arundel, f. 94 v). Corre veloce la luce? Per Leonardo, “Il sole, immediate che appare nell’oriente, subito discorre cò suoi radi à l’occidente”, e il percorso dei raggi è in natura il più breve: “E sempre gustai della semplicità e facilità della natura che non intraprende a fare quello che non può essere fatto, non opera con molte cose quello che può con poche, agevolmente attua quello che a noi riesce difficile a intendersi”. Perché il cielo è azzurro? Leonardo lo sa. Il colore azzurro deriva dall’atmosfera, dipende, ora lo sappiamo, dalla diffusione della luce nelle particelle atmosferiche; Leonardo ragiona come se conoscesse di già il calcolo teorico di Lord Rayleigh di trecento anni dopo. “Dico l’azzurro in che si mostra l’aria non essere suo proprio colore, ma è causato da umidità calda, vaporata in minutissimi e insensibili attimi, la quale piglia dopo di sé la percussion dé raggi solari, e fassi luminosa sotto l’oscurità delle immense tenebre della regione del fuoco, che di sopra le fa coperchio” (Codice Hammer, già Leicester). Leonardo è consapevole della nobiltà della visione, dovuta alla facoltà dell’intelletto: “L’occhio, dal quale la bellezza dell’universo è specchiata dai contemplanti, è di tanta eccellenza, che chi consente alla sua perdita si priva della rappresentazione di tutte le opere della natura… lascia essa anima in una oscura prigione, dove si perde ogni speranza di rivedere il sole, luce di tutto il mondo”. Per studiare la luce usò un prisma di vetro, e intuì che il bianco non è un colore, bensì “la potentia ricettiva d’ogni colore”. Carlo Pedretti sostiene che le osservazioni di Leonardo nel campo della luce e dell’ottica, “i suoi interminabili calcoli non sono del tutto ancora interpretati”. Tuttavia, sottolinea il maggior esperto di Leonardo, restano “i suoi stupendi disegni schemi di impeccabile purezza grafica”. Effettivamente i disegni della serie dalle tenebre alla luce, le figure che danzano all’aperto, nel passaggio dalle nuvole scure alla brillante luce solare, sono graficamente significative come un’osservazione scientifica. Augusto Marinoni afferma giustamente che la pittura, in Leonardo, è scienza, è discorso mentale prima che operazione pratica. Una concezione chiaramente espressa da Leonardo sulla pittura, “la quale con filosofia e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: aire, siti, piante e animali, erbe e fiori, le quali sono cinte d’ombra e di lume”. “Noterai nel tuo ritrarre - suggerisce Leonardo riferendosi alla tecnica del chiaroscuro - come infra le ombre sono ombre insensibili d’oscurità e di figura… Le cose vedute infra ’l lume e l’ombre si dimostreranno di maggior rilievo che quelle che son nel lume o nell’ombre”. Geniale concezione che troverà applicazione nei suoi meravigliosi capolavori, primo fra tutti il “movimento transitorio” (fra un’azione precedente e un’azione susseguente) fissato pittoricamente, come nota Fabio Lopez, in forma perfetta nel Cenacolo di S. Maria delle Grazie in Milano. Tra gli innumerevoli progetti di Leonardo vi sono anche i “lumi da notte”, lampade con lenti più o meno elaborate, e persino una bellissima lampada da tavolo, a intensità regolabile, disegnata nel foglio Windsor n.12675v. Diversi lumi sono accennati nel Codice Atlantico (fol. 368v-a) e nel Codice Arundel (fol 283v), tutti databili tra il 1505 e il 1507. Essi mostrano l’oggetto con la stessa “veduta prospettica” adottata per i disegni di architettura, non subordinando mai, sostiene Carlo Pedretti, la funzionalità all’ornato. Leonardo in luce è ancora da scoprire, cinquecento anni dopo la sua sepoltura ad Amboise il 2 maggio 1519. 9 – continua. Per “Epifanie di Luce” sono usciti finora su LUCE i racconti di Empio Malara: “Alessandro Manzoni, artefice della luce” (n.317, settembre 2016); “Herman Melville. La luce invita al viaggio” (n.321, settembre 2017); “La luce e il buio nel ritratto di James Joyce da giovane” (n.322, dicembre 2017); “Lampi e luci in Addio alle armi di Hemingway” (n.323, marzo 2018); “Il sole artificiale nel romanzo La Montagna Incantata di Thomas Mann” (n.324, giugno 2018); “La luce irriverente e irrazionale in alcuni testi di Carlo Emilio Gadda” (n. 325, settembre 2018); “Le luci rivelatrici di Philip Roth in Pastorale Americana” (n.326, dicembre 2018); “Le finestre illuminate di Marcel Proust nel romanzo Un amore di Swann” (n.327, marzo 2019). Leonardo, in occasione delle celebrazioni dei 500 anni dalla sua scomparsa. Un breve ve e prezioso racconto sulla luce, e, protagonista di studi e osservazioni che sottendono alle creazioni del grande maestro fiorentino. L’autore, Empio Malara, ha curato la mostra e il libro Leonardo e le vie d’acqua (1984) e il volume me to Leonardo, Vanvitelli e Bellotto a Vaprio d’Adda (2005) LUCE rende omaggio a EPIPHANIES OF LIGHT / LUCE 328 13