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Una lezione
da Bruno Munari
di Laura Bellia*
N
ella comunità illuminotecnica, sia
a livello nazionale che internazionale,
si è storicamente consolidata
la suddivisione tra illuminazione “tecnica”
o “funzionale” ed illuminazione “decorativa”,
anche se in nessun manuale o vocabolario
specifico viene fatta esplicitamente questa
distinzione. Cosa si intende per illuminazione
tecnica? Per quanto riguarda gli interni
è quella di ambienti come uffici, industrie,
ospedali o più in generale quella illuminazione
che si riferisce ai luoghi di lavoro e che deve
soddisfare, per l’appunto, specifici requisiti
tecnici. Per gli esterni è l’illuminazione
stradale, ma apparecchi “tecnici” sono anche
i proiettori per illuminare le facciate degli
edifici e gli apparecchi per gli impianti sportivi.
Sembrerebbe quindi che gli apparecchi tecnici
siano preposti alla realizzazione di particolari
condizioni descrivibili mediante parametri
quantitativi (distribuzioni di illuminamenti,
luminanze, contrasti, indici di abbagliamento,
ecc.…), mentre gli apparecchi cosiddetti
decorativi sono oggetti generalmente belli
da vedere, ossia caratterizzati da un design
accattivante, indipendentemente dalla
loro funzionalità. A tal proposito, la prima
domanda che viene in mente è: gli apparecchi
tecnici e quelli decorativi sono insiemi
disgiunti? E la seconda: ha senso oggi
considerare questa distinzione in modo netto?
Per provare a fare chiarezza occorre risalire
alle origini di questa dicotomia, ossia
all’avvento dell’illuminazione elettrica,
quando il progettista dell’impianto elettrico,
generalmente un ingegnere elettrotecnico,
si occupava anche di illuminare gli ambienti. Le
tecniche di calcolo non potevano avvalersi
dell’uso dei software, ancora inesistenti,
ed erano di conseguenza basate esclusivamente
su metodi tabellari, con dati forniti dai
produttori, come ad esempio il metodo
del fattore di utilizzazione, usato ancor oggi
per specifiche esigenze, oppure su semplici
calcoli come il metodo per punti per il calcolo
degli illuminamenti diretti. La progettazione
illuminotecnica era quindi finalizzata
a quantificare il numero di apparecchi necessari
ad ottenere un dato livello di illuminamento
medio in ambiente (illuminazione generale),
risultando pressoché impossibile valutare gli
effetti prodotti dai cosiddetti apparecchi
decorativi, non esistendo tecniche di
visualizzazione grafica basate su parametri
fisici. I dati fotometrici erano forniti solo per gli
apparecchi tecnici, mentre per quelli decorativi
si faceva affidamento all’esperienza ed anche
un po’ al caso. Tra l’altro, nell’immaginario
collettivo, agli apparecchi decorativi era spesso
associata l’idea di mobilità o flessibilità,
come ad esempio per le lampade da tavolo
o le piantane, mentre l’illuminazione tecnica
era rigorosamente fissa. L’approccio decorativo
era tipicamente appannaggio degli architetti,
storicamente visti dagli ingegneri come poco
scientifici ed un po’ artisti, ed anche la
mancanza di un linguaggio comune non
aiutava: ad esempio per lampada l’ingegnere
intende anche oggi la sorgente luminosa
da inserire nell’armatura, mentre per
l’architetto spesso coincide con l’intero
apparecchio (lampada da tavolo, lampada
per il soggiorno…).
Questa differenza di approccio, come se
esistessero due mondi separati, ma entrambi
legati all’illuminazione degli ambienti,
*Università degli Studi di Napoli Federico II
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ha prodotto una visione distorta del rapporto
forma-funzione, attribuendo importanza
alla funzione per gli apparecchi tecnici
ed alla forma (impropriamente associata
al design) per quelli decorativi. Oggi, grazie
ad una rapida evoluzione sia tecnologica
che culturale, cominciata all’inizio di questo
secolo, questa distinzione non sembra aver
più ragion d’essere: ogni elemento che emette
luce, non solo deve esteticamente integrarsi
nell’ambiente anche da spento, ma
contribuisce alla definizione dell’ambiente
luminoso con tutte le implicazioni sia visive
(prestazioni, comfort), che non visive
(impatto sui ritmi circadiani, sull’umore…).
Con le sorgenti Led si possono creare
apparecchi caratterizzati da forme che con
le sorgenti tradizionali erano impensabili,
i software disponibili consentono di
effettuare simulazioni con tutti le tipologie
di apparecchi e, non da ultimo, i migliori
progettisti illuminotecnici sono in gran
parte architetti, essendosi più nettamente
distinte le competenze illuminotecniche
da quelle elettriche.
La necessità di garantire in tutti gli ambienti
– interni o esterni – una adeguata qualità
ambientale non consente oggi di distinguere