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del settore e lo stiamo facendo con il varo di un concorso rivolto alle idee innovative. Infine, rispetto alle nostre iniziative formative, dobbiamo cercare di raggiungere più mondi possibili e far capire che non è più sufficiente una formazione squisitamente tecnica, ma serve un approccio culturale ampio. Si spiega così la decisione di creare, con Assil, il Comitato Education”. Anche sul versante della professione le cose non sembrano andare meglio. Lo confermano le sottolineature critiche dell’architetto Alfonso Femia di Atelier(s) Alfonso Femia, da sempre attento al tema della progettazione illuminotecnica e componente del Comitato Education. “Nella progettazione corrente c’è poca attenzione al tema della luce. Molto spesso infatti la luce non diventa un tema progettuale. Il perché è presto detto: manca una cultura. E questo è un vuoto che attraversa l’intera filiera delle costruzioni. Servirebbe invece far capire, attraverso la formazione, l’importanza della luce, che deve diventare componente a tutti gli effetti del progetto. In questa fase, poi, caratterizzata da una forte innovazione tecnologica, serve ancor di più formare i progettisti e i tecnici del settore e far comprendere loro che non siamo di fronte a una questione squisitamente tecnica, ma a un tema culturale profondo. È da questo presupposto che dobbiamo partire per un nuovo ragionamento. Detto in altri termini ancora, la luce non entra nella valutazione economica del valore dell’edificio. A mio giudizio, invece, la progettazion e illuminotecnica dovrebbe essere considerata un valore costituente il progetto. Insomma, è il progetto di architettura che si deve evolvere nel segno della comprensione di questa componente. Da cosa dipende questa sottovalutazione? Per quanto riguarda il ruolo delle università, bisogna purtroppo riconoscere che il sistema accademico non è in grado di gestire un processo creativo, che è culturale e progettuale al tempo stesso. E allora, in assenza di un soggetto fondamentale di questo processo di crescita, potrebbe valere la pena provare a mettere attorno a un tavolo le università, gli istituti di design e le aziende del settore, vale a dire la filiera dell’illuminotecnica, per far dialogare progettisti, docenti, normatori e produttori. Servirebbe un luogo per raccontare e mettere in sintonia il processo creativo con quello produttivo e quello formativo. Servirebbe creare, in partnership con le università e i principali player del settore, una Accademia della Luce. Sarebbe importante che il percorso che Assil e Aidi hanno di recente intrapreso con il Comitato Education sfociasse in qualcosa di simile a ciò che in Emilia, a Varano de’ Melegari, è stato realizzato con la Dallara Academy, un luogo dove si fa formazione e si impara a conoscere la tecnica e la tecnologia del mondo dei motori. Se avvenisse anche nel settore illuminotecnico avremmo fatto un grande passo in avanti”. Chi punta il dito sul ritardo tecnico e culturale delle università è Alessandra Reggiani, lighting designer, componente del consiglio direttivo di Aidi e già in passato presidente della sezione Aidi di Lazio e Molise. “La carenza che esiste nel mondo dell’insegnamento, e in particolare di quello universitario – sostiene Reggiani –, è un dato inspiegabile, anche se solo banalmente ci limitiamo a considerare lo stretto rapporto che intercorre tra luce e architettura. Anche in chi insegna materie importanti, come la composizione architettonica, materia fondamentale del progetto, mi pare vi sia ancora troppa disattenzione al tema. Manca infatti la consapevolezza dell’importanza e del valore culturale della luce. C’è insomma una grande impreparazione. Non è un giudizio che si può estendere ovunque nel Paese, certo, ma la mia è una valutazione che si riferisce al contesto che conosco meglio. La luce è ancora vista come un elemento formale d’arredo, non come una componente a tutti gli effetti del progetto. Tutto ciò avviene in una fase di grande cambiamento dovuto all’evoluzione tecnologica. Sempre più spesso infatti parliamo di IoT, di connessione wireless, di domotica, di edilizia sempre più integrata al digitale, fattori di novità che dovrebbero suscitare maggior attenzione ai contenuti tecnici e progettuali. Invece, ancora oggi assistiamo a realizzazioni in cui la luce viene confinata nei controsoffitti e all’interno dei mobili. Per tutti questi motivi, ritengo che il lavoro che Assil e Aidi stanno facendo sul piano formativo sia da apprezzare, anche perché si tratta di corsi che si distinguono da altre iniziative analoghe che appaiono autoreferenziali e meno integrate. Nei corsi delle due associazioni c’è l’integrazione delle competenze: un esperimento riuscito che vede presenti tutti i soggetti della filiera. E questo mi pare già un buon risultato”. ALFONSO FEMIA, architetto / architect 30 LUCE 326 / RICERCA E INNOVAZIONE